Nella “Guida turistica ai deserti d’Italia” per la Sicilia i deserti di Agira, Dittaino e Pozzillo

Alla prima Guida Turistica ai Deserti d’Italia, nata nell’ambito del progetto “Acqua nelle nostre mani”. L’iniziativa, con il contributo del fotografo Gabriele Galimberti, vincitore nel 2021 del World Press Photo, ha toccato aree a rischio desertificazione in tutta la penisola, tra cui la Sicilia con i Deserti di Pozzillo, Agira, Dittàino, e si propone, provocatoriamente, di invitare i turisti a visitare questi luoghi così particolari. Nei prossimi mesi nascerà una mostra fotografica dedicata all’iniziativa.

IL DESERTO DI POZZILLO: UN IRRESTISTIBILE PARADOSSO
In Sicilia, Gabriele Galimberti ha dedicato una particolare attenzione al Deserto di Pozzillo – un bacino creato dalla mano dell’uomo – con una capacità pari a 150 milioni di metri cubi d’acqua – che doveva alimentare la vita di un luogo che oggi si è prosciugato a causa della siccità. Complice anche una manutenzione che da decenni latita, con detriti che ostruiscono le tubature e che nel tempo lo hanno interrato sempre più, facendo sparire fino all’ultima goccia d’acqua.
Il lago, ormai deserto, siccità permettendo, è uno dei fulcri a livello reginale per il canottaggio con decine di gare ogni anno, e importanti eventi nazionali e oggi tutto questo, così come è apparso, rischia di scomparire definitivamente.

IL DESERTO DI AGIRA: LO SPETTACOLO DELLA SICCITA’ TRA LE DUNE
Le dune di Agira un tempo erano prevalentemente coltivazioni cerealicole e leguminose, con una prevalenza di grano duro.
Oggi, invece, lo scenario è quello di uno dei classici kolossal o western americani e che a causa del suo inaridimento produce fino al 30% di grano in meno rispetto al passato.

IL DESERTO DEL DITTÀINO: UNA STRADA DI ARGILLA
Il fiume del Dittàino si fa strada in Sicilia e solca la Piana di Catania e ormai si può definire un fiume d’argilla – un tratto lungo oltre 100 km, così perfetto da fare invidia anche ai più abili maestri artigiani.
Un fiume composto di più rami confluenti: il Fiume Bozzetta, lungo 17 km (con i suoi vari affluenti tra cui il Torrente Girgia), il Torrente Valguarnera e il Torrente Crisa che vi si unisce presso la stazione ferroviaria di Pirato. Proprio da qui prenderebbe origine il Dittàino vero e proprio, che concluderebbe il suo corso come affluente di destra del Fiume Simeto, se non fosse per l’emergenza idrica di cui è già vittima da tempo la Sicilia.

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L’Italia è un paese a rischio desertificazione per oltre il 20% del suo territorio, con la situazione ulteriormente complicata dalle recenti, e ormai sempre più croniche, condizioni climatiche e metereologiche che hanno investito negli ultimi anni il nostro paese, senza distinzione di luoghi, da nord a sud.
In questo contesto, nonostante l’arrivo dell’autunno e delle prime piogge, i deserti – concettualmente lontani ed esotici per l’Italia – stanno sempre più diventando triste realtà in molte zone della penisola, flagellate negli anni dal costante aumento delle temperature, dalla carenza di precipitazioni e da terreni ormai non più abituati ad assorbire correttamente l’acqua piovana.
Con la volontà di stimolare una forte reazione della collettività e proporre un uso più diligente dell’acqua, Finish – attraverso il progetto “Acqua nelle nostre mani” – lancia un ulteriore grido di allarme sul tema siccità e lo fa coinvolgendo il fotografo di fama internazionale Gabriele Galimberti, che ha viaggiato durante i mesi scorsi, con la sua collaboratrice Camilla Miliani, con l’obiettivo di documentare e raccontare delle “mete turistiche” anomale per il nostro paese, in via di desertificazione.
Un viaggio lungo lo stivale che si è protratto per tutto il periodo estivo e le cui foto, interviste e descrizioni dei luoghi hanno dato vita alla Guida Turistica ai Deserti d’Italia – in formato cartaceo e digitale e densa di dettagli e di consigli turistici – che invita le persone a visitare questi territori: fiumi diventati sentieri da trekking, laghi ridotti ad aride distese, paesaggi che nessuno si aspetterebbe di vedere e che, invece, sono reali. Del resto, sono i dati, oltre che le immagini, a raccontarlo, con il 70% della Sicilia, il 57% della Puglia, il 58% del Molise e il 55% della Basilicata a rischio desertificazione. Territori e scenari di cui l’Italia, indubbiamente, non avrebbe bisogno.
Le zone fotografate nei giorni di viaggio da Gabriele Galimberti, vincitore nel 2021 del World Press Photo con il progetto “The Ameriguns”, riguardano direttamente Sicilia, Abruzzo, Marche, Toscana, Lombardia, Umbria, Emilia-Romagna e Molise, con focus particolare su fiumi e laghi. Luoghi che, nei prossimi mesi, diventeranno oggetto di una mostra fotografica a Milano, che garantirà a chiunque lo vorrà di osservare una realtà non più così nascosta e improbabile per il nostro paese, godendo di questi spettacoli così particolari.

L’IMPEGNO NEL CONTRASTO ALLA DESERTIFICAZIONE
Questa iniziativa si inserisce nell’ambito del progetto “Acqua nelle nostre mani”, che negli ultimi anni ha sviluppato un profondo impegno sul tema della tutela della risorsa idrica, con progetti concreti sul territorio volti a sostenere l’agricoltura e a combattere, grazie a interventi mirati e al supporto della tecnologia, la desertificazione.
Proprio in quest’ottica sono state recentemente presentate alcune iniziative molto concrete a sostegno della piantumazione e della coltivazione dell’olivo, pianta fondamentale per il mantenimento del corretto equilibrio ambientale e barriera naturale contro la desertificazione. L’intervento, svolto in Puglia – tra le regioni a maggior rischio desertificazione (57% del territorio) – ha visto la piantumazione diretta di oltre 500 alberi resistenti al batterio della Xylella in terreni ormai in disuso a causa della desertificazione e un intervento di monitoraggio idrico delle coltivazioni su un totale di 500 ettari distribuiti nella provincia di Brindisi, che garantirà un risparmio annuale (considerate le 20 settimane di stagione estiva) di oltre 150 milioni di litri d’acqua.
A supporto di questo intervento, ruolo cruciale lo avrà la tecnologia. In continuità con quanto fatto in passato, infatti, è stata installata l’innovativa tecnologia “Daiki” di SmartIsland, startup siciliana selezionata nel 2021 nell’ambito di una Call for Startup dedicata, che è in grado di rilevare, fin dal momento della piantumazione, dati climatici e idrici utili a monitorare il fabbisogno idrico delle piante, gestire l’apporto irriguo e prevenire le malattie.
Ognuno di noi, però, nella sua quotidianità, può fare la sua parte e dare un contributo concreto, anche a casa. Ad esempio, utilizzando lavatrice e lavastoviglie a pieno carico, riutilizzando l’acqua e bagnando fiori e piante con acqua utilizzata per altri scopi, irrigando campi e giardini la sera ed evitando i sciacquare i piatti a mano prima di metterli in lavastoviglie. Un semplice gesto che contribuisce al risparmio di 38L d’acqua a ogni lavaggio1 e che ha determinato importanti risultati di preservazione della risorsa idrica in questi anni.
Oggi, tra i possessori di lavastoviglie (17.0 milioni in Italia2), si registra un miglioramento rilevante della percentuale di coloro che non sciacqua più i piatti a mano prima di metterli in lavastoviglie (33%), con un aumento del 3% rispetto al 2021 e del 7% rispetto al 2020. Tutto ciò si traduce in un incremento di ulteriori 600.000 famiglie che hanno scelto di adottare questo comportamento (+1.300.000 famiglie in due anni). Pertanto, con un risparmio d’acqua di 38 litri ad ogni lavaggio, calcolando la media di utilizzo della macchina in una settimana (4,56 volte3, si determina un risparmio aggiuntivo di oltre 5.3 miliardi di litri d’acqua in un anno (11.3 miliardi in due anni), che corrisponde all’impressionante dato di circa 2.100 piscine olimpiche (4.600 in due anni).