Giuseppe Antoci a Leonforte: ”Tentativo di picconamento delle leggi antimafia”

“In questi anni c’è stato un tentativo di picconamento delle leggi antimafia, sostenendo che, in fondo, la mafia non è più quella di una volta, che dopo le stragi e dopo l’attentato che ha colpito me e la mia scorta, di sangue se ne genera poco. Questo è il più grande regalo che si possa fare alle mafie, fatto in buona fede o in malafede”. Lo ha detto l’ex presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, scampato a un attentato di mafia il 18 maggio 2016, partecipando al Primo seminario di Studi giuridici e di educazione alla cittadinanza responsabile che si è svolto a Leonforte (Enna).
“Il protocollo – ha detto – è uno strumento che oggi dà la possibilità a magistratura e forze dell’ordine di rimettere nella normalità un fenomeno del quale il protagonista è il silenzio”.
“Il silenzio nel quale in questi lunghi anni – ha spiegato – i fondi europei, invece di andare ai tanti allevatori onesti, andavano a famiglie mafiose importanti, Gaetano Riina, il fratello di Totò, i Santapaola Ercolano, in Calabria i Pelle, i Pesce, i Mancuso i Galli”. Una fonte di finanziamento tra le più importanti del paese, a rischio zero, ha sottolineato Antoci, “con bonifici bancari che arrivavano direttamente nelle tasche di questi soggetti. E tutto questo, mentre noi commemoravamo le vittime delle stragi, mentre noi eravamo nell’Aula bunker, probabilmente flussi di bonifici bancari raggiungevano le mani e le tasche di chi quelle stragi le ha fatte. Ecco questo è il protocollo Antoci, un protocollo che rimette nella normalità un fenomeno che durava da anni. Questo è un Paese che non ha bisogno di simboli ed eroi, questo è un paese che ha bisogno di normalità. Noi abbiamo la migliore normativa antimafia del mondo, ma il miglior testo antimafia è la Costituzione”.




Alla domanda su come abbia affrontato le conclusioni della precedente Commissione regionale antimafia, secondo la quale, ci sarebbero punti oscuri nel fallito agguato del 18 maggio 2016, Antoci ha risposto di aver “affrontato gli attacchi con la consapevolezza che un po’ tutti, anche familiari di vittime di Mafia, mi hanno spiegato che questo atteggiamento ha colpito un po’ tutti, Falcone, Borsellino, Pio La Torre, Mattarella, Impastato”. “Però – ha detto – questa vicenda, che riguarda quello che abbiamo fatto, ha una tipologia diversa rispetto alle altre, perché coloro che hanno tentato di delegittimarmi sono stati colpiti dalla magistratura, molti di loro già condannati per diffamazione. Il tema è che, comunque, bisogna passare da queste vicende e avere la forza di passare da queste vicende. Io penso che al fianco delle persone che lottano bisogna stare vicini. Io penso che la normalità sia un’altra, sia fare squadra, non i protagonismi, perché, purtroppo, in questa vicenda, tanti ci hanno fatto carriere, tanti hanno approfittato di storie di altri e questo è negativo perché l’immagine che passa è utilizzare le storie e le vicende per proprio tornaconto. Io credo che vadano usate nell’interesse dei cittadini e del Paese”.
Fonte: Agi