Nicosia, riprendono incontri dopo Covid nella Parrocchia San Gabriele Dell’Addolorata

Sovente, soprattutto ultimamente, abbiamo espresso diverse criticità sulla Chiesa e sull’operato degli Uomini di Chiesa. La nostra a volte “infuocata” analisi non è mai stata frutto di un’aprioristica presa di posizione contro un qualcosa, ma il naturale risultato che si ottiene osservando e raccogliendo diversi stati d’animo di una realtà. È fuor di ogni dubbio, infatti, che la Chiesa oggi sia vista, soprattutto dalle giovani generazioni, come un qualcosa di anacronistico, ancor di più un corpo estraneo che sta lì solo e solamente a mettere obblighi e divieti con lo spauracchio dell’Inferno e poi, basta vedere la storia recente senza spingerci oltre, accorgersi che gli atteggiamenti adottati da questi signori bacchettoni non ha nulla a che invidiare ai peggiori misfatti immaginabili. Ed è proprio questa ipocrisia malcelata, e anche il fatto che ormai il Paradiso può essere buono per il clima, ma l’Inferno è certamente migliore per la compagnia (sempre ammesso che aldilà ci sia tutta apoteosi di fuoco, fiamme o cori angelici e nuvolette), che ha spinto molti ad allontanarsi vedendosi, a buona pace della parabola del Buon Pastore (ma si sa, il Vangelo è buono solo quando si può bacchettare), additati dalla stessa Istituzione Chiesa come grandi peccatori, arroccandosi, quindi, in una posizione ormai sempre più ridicola e insostenibile al giorno d’oggi. Ma, come abbiamo sempre detto quasi aggrappandoci ad un semplice briciolo di speranza, forse esiste, in mezzo a tutto questo marasma una minoranza che “si salva”. E non sono le belle parole, ma i fatti a ben identificare questa eventuale minoranza.
Sta di fatto che basta volgere lo sguardo verso la parrocchia di San Gabriele dell’Addolorata di Nicosia e ci si accorge che, magari, lì si trova quella Chiesa da più parti auspicata. Un esempio è quello degli esercizi spirituali in cui, piuttosto che una noiosa lezione ex cathedra a cui si è abituati, si assiste ad un qualcosa di diverso e più profondo, anche grazie al confronto con voci lontane dal mondo cattolico. Ma è da segnalare anche che una tradizione di questa parrocchia è quella di effettuare una serie di incontri di riflessione aperti a tutti, anche a chi non si professa cattolico. Sono incontri in cui non c’è nessuno che vuole convincere l’altro con la minaccia dell’inferno, ma in cui, attraverso un dibattito permeato dal rispetto, alla fine ci si arricchisce perché, nella moltitudine di pensieri, nello “spettro delle idee”, si riesce ad apprezzare un tema visto da punti diversi. E, nella giornata del 26 gennaio, ad inaugurare questi incontri è stata un’analisi sulla nuova lettera apostolica di Papa Francesco “Desiderio Desideravi”, un atto che quantomeno prova a parole (speriamo anche nei fatti) a creare quasi – espressione nostra – una “Chiesa dal volto umano”. Ma la cosa interessante di tutto questo incontro e che merita certamente di essere qui detto, è stata la presenza del nuovo Vescovo di Nicosia Giuseppe , il quale, dopo l’accoglienza offerta dal parroco Mario Di Bartoli che ha contestualizzato il perché di questo incontro, nella sua introduzione (e poi successiva conclusione) ha posto molto l’accento ad una Chiesa che possa riscoprire veramente quanto è stato prodotto dal Concilio Vaticano II, un momento in cui la Chiesa di Giovanni XXIII aveva finalmente deciso di abbandonare quell’arido formalismo che si trascinava dal Concilio di Trento, con una messa in latino che nessuno capiva (vogliamo noi essere espliciti su questo aspetto riportando come sagacemente questo tipo di messa venne “demolita” da un personaggio di Corrado Guzzanti dicendo che era ottima per il prete per ripassarsi le declinazioni, tanto il popolo stava là a pensare a chissà che cosa quelle formulette servissero, questo per denotare l’abissale distanza).




Il cuore dell’incontro è stato l’intervento del dottore in liturgia Angelo Plumari, il quale ha saputo offrire degli spunti di riflessione interessanti a partire da questa lettera, che ha nelle proprie intenzioni quello di creare un rapporto nuovo e non più distaccato tra Chiesa e popolo a partire dalla liturgia, culmine e inizio della vita del cattolico. In questo incontro è emersa forte la figura di una Chiesa che non deve fare proselitismo fine al rafforzamento di una gerarchia, ma esternare un messaggio attraverso la testimonianza della propria vita, quasi una sorta di “rivoluzione copernicana” in cui finalmente è il bacchettone a dare l’esempio e a non essere, quindi, più bacchettone ma testimone non ipocrita. Una Chiesa non più arroccata ma che si metta in ascolto anche dei lontani. Emblematico, a tal fine, il dibattito che è seguito e che ha raccolto visioni diverse ed esperienze diverse. La speranza è che da questa minoranza possa nascere una nuova Chiesa o quantomeno un nuovo modo di pensare la Chiesa. Ma certamente questo primo passo, assieme agli altri che seguiranno in questi incontri che si terranno ogni giovedì presso i locali della chiesa di San Gabriele, è un buon sospiro di sollievo anche da parte di chi allontanandosi dalla Chiesa non ne vuole più sentire parlare.
Alain Calò