Associazione ennese Alzheimer non condivide conclusioni interrogazione all’ARS a cui giunge l’On. Fabio Venezia

L’On.le Fabio Venezia ha presentato un ‘interrogazione parlamentare all’ARS sui problemi dei malati Alzheimer ma l’Associazione ennese sostiene di non condividere le conclusioni a cui giunge l’Onorevole di Troina e i soggetti ammalati di Alzheimer non sono “oggetti” da depositare presso strutture sanitarie presenti all’interno della provincia di Enna. Le demenze rappresentano un insieme di patologie non guaribili, che richiedono un approccio globale, precoce alla cura del paziente, perché globale e progressivo è il coinvolgimento della persona malata e dei suoi familiari. Proprio in ragione di tale approccio, con nota del 18 /1/2023 in chiave interlocutoria con l’ASP di Enna e l’Associazione Oasi Maria SS di Troina chiedevamo di poter conoscere le procedure di accesso e l’organizzazione dei servizi attivati per i malati affetti da demenza. Tale nota, a conferma del clima di silenzio e di indifferenza verso la problematica posta, non è stata mai riscontrata. Diverse sono le criticità che vengono vissute quotidianamente dai malati di Alzheimer e dai familiari, prima fra tutte la difficoltà dei medici di famiglia ad individuare il percorso adatto per il paziente, dal momento che troppe volte assistiamo alla prescrizione di “visite specialistiche” non proprio appropriate e spesso fuorvianti per un corretto percorso del malato, la diagnosi di demenza non può essere formulata se non dopo aver applicato uno specifico protocollo clinico ed solo in seguito ad uno studio globale ed attento del paziente. La diagnosi precoce può essere preliminare a interventi farmacologici volti a mantenere le funzioni cognitive per un periodo di tempo fino ad un anno o più a quanto accadrebbe lasciando il malato a sé stesso e a ritardare l’esordio della disabilità; le carenze rilevate rappresentano un “alleato” per il decorso della malattia. Infatti, un metodo corretto dovrebbe essere caratterizzato da alcuni passaggi che consentirebbero un approccio immediato e scientifico alla patologia. Primo fra tutti il medico di famiglia dovrebbe rappresentare il ponte tra il malato e il centro specialistico per tali patologie già individuato dal competente Assessorato alla Salute, che con la presa in carico del paziente, dovrebbe garantire sia l’aspetto diagnostico, terapeutico, riabilitativo, attivare l’assistenza domiciliare e considerare, in particolari situazioni cliniche, il ricovero dei malati presso le strutture socio-sanitarie preposte. Con il progredire della malattia, le risorse familiari si riducono e solo una appropriata assistenza domiciliare permetterebbe ai familiari di poter offrire strumenti per affrontare i problemi comportamentali, tipici della demenza, e quelli assistenziali comuni alle persone gravemente non autosufficienti, mantenendo gli interessati al domicilio, rimuovendo gli ostacoli e valorizzando le risorse della rete parentale e sociale, tramite interventi altamente specializzati resi da personale preparato e formato. Tale conclusione è in linea con lo strumento fornito dallo Stato con la legge 30 dicembre 2020, n. 178 recante “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023” che nell’istituire il Fondo per l’Alzheimer e le demenze all’articolo 1, comma 330, prevede che “al fine di migliorare la protezione sociale delle persone affette da demenza e di garantire la diagnosi precoce e la presa in carico tempestiva delle persone affette da malattia di Alzheimer, è istituito, nello stato di previsione del Ministero della salute, un fondo, denominato «Fondo per l’Alzheimer e le demenze », con una dotazione di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021, 2022 e 2023”.




L’On.le Venezia nel porre il problema, tuttavia sembra non aver compreso o ignorato l’approccio più corretto dal momento che sembra spostare la problematica esclusivamente su un facilitato ricovero del malato senza garantire le strade alternative e certamente più adeguate, anche in ragione della circostanza che un ricovero precoce del malato rappresenta spesso uno step prematuro e deleterio.
Probabilmente viene ignorato che nella propria casa il soggetto con demenza con lieve e moderato deficit cognitivo vive meglio, poiché l’ambiente domestico è adattato al suo consueto stile di vita al suo spazio personale, come può essere una poltrona, un posto a tavola e un luogo in cui ritirarsi se lo ritiene opportuno. Tutto questo è confermato dalla più recente e consolidata letteratura scientifica. La politica, anche quella più preparata e volenterosa, nell’approcciarsi ad alcune problematiche dovrebbe prima trovare riscontri nei professionisti del settore che quotidianamente si confrontano con le anomalie del sistema sanitario, figlie di una dirigenza omissiva o complice, che tende a considerare i malati di demenza ed Alzheimer come fonte di business, disinteressandosi del loro benessere e delle famiglie che quotidianamente in completa solitudine affrontano le problematiche connesse a tali patologie. Questa nota rappresenta il primo passo verso un percorso che proponiamo di iniziare, finalizzato a coinvolgere la politica regionale e la dirigenza sanitaria insensibile e impreparata alla problematica posta.