L’ipocrisia di chiamarsi Francesco

L’ultima boutade di Papa Francesco, a buona pace del Santo a cui prende ispirazione, è stata quella di raccontare un episodio in cui ha rimproverato una signora che aveva riversato sul proprio cagnolino tutto il suo amore al punto di definirlo figlio, contrapponendo, visto lo scherno con cui raccontava l’accaduto, l’amore per gli animali a quello verso i bambini. Tutto ciò avveniva all’interno del più ipocrita dei contesti, ovvero l’agglomerato forum delle famiglie, quel luogo dove ci si spertica a dire che i ragazzi non vogliono sacrificarsi, in nome del progresso della Nazione, e fare un figlio (mica uno o due… tanti, tanti figli). I giovani sono egoisti perché non pensano al futuro della Nazione? Ma per favore, forse i giovani, ancor più delle generazioni passate, sono molto responsabili. Capiscono bene che fare un figlio oggi è regalare l’infelicità ad una nuova vita. Perché la Nazione, per il suo bene, vuole che si facciano figli, ma poi chissenefrega se questi bambini vivono in una famiglia dal lavoro precario. Chissenefrega se vivono in un mondo con la paura dell’atomica, chissenefrega se vanno in scuole fatiscenti o dalla formazione carente perché vengono tagliati i fondi all’istruzione, chissenefrega se non potranno permettersi l’università a causa del caro affitti e quindi non poter coronare i loro sogni. Chissenefrega di tutto ciò! Il diktat è: fate figli, non importa se siano felici o meno, l’importante è farli. E chi non fa figli, perché non vuole per responsabilità o non può perché magari la società frenetica li ha rinchiusi in se stessi (si sta diffondendo sempre di più il fenomeno dell’hikikomori, ovvero il rifiutare volontariamente la vita sociale con l’omertosa complicità della società) creando generazioni sempre più insicure e sole e trovano negli animali l’unica amorevole carezza in un mondo andato a rotoli, ecco che arriva la Chiesa a puntare il dito contro queste persone (d’altronde meno figli, meno famiglie, meno redditi si traduce in meno 8×1000). Ma ha più senso oggi parlare di Chiesa e parlare di Nazioni? Ha senso porsi il problema demografico nel momento in cui, seppur in questa parte del mondo vi è un calo, in altre parti invece vi è una spropositata crescita? Le risorse della Terra sono scarse, se aumentiamo la platea che hanno bisogno di queste risorse diventeranno ancora più scarse, quindi creeremo più fame, più carestia, più sofferenza ma tutto ciò è nulla in confronto al benessere della Nazione e al precetto di Santa Romana Chiesa. La verità è una: chi sta al vertice non comprende la base, un figlio non è un numero ma un essere umano e come tale merita rispetto.




E il rispetto nasce innanzitutto dal poter vivere una vita dignitosa, che sia ascoltato, educato, compreso, non fatto e poi buttato nel calderone di una Nazione e Chiesa assente. Che cosa ha fatto la Nazione e la Chiesa per noi? il Sud è ormai spopolato a causa delle possibilità che qui oggettivamente non esistono, se esprimi un bisogno o un’opinione al di fuori del senso comune sei un nemico, se non ti aggreghi al gregge vai eliminato, se cerchi conforto nella Chiesa sei quasi sempre ignorato. E nel mentre vedi le disuguaglianze aumentare, il fatto che ormai l’unico ascensore sociale, ovvero l’università, è diventata roba da ricchi, che la Chiesa si dà sempre più allo sfarzo con gli attici o con locali villette dove fare riunioni con l’elite che conta (speriamo che, almeno queste ultime, siano ricordo passato almeno qui). Ma nel nome del loro benessere noi comuni mortali dobbiamo fare figli, anche se soffriamo noi e soffriranno loro. E guai a cercare l’amore e la consolazione da tutto questo mondo che va a rotoli nei cani o nei gatti! Non solo saremo egoisti nel nome della Nazione, ma anche peccatori nel nome della Chiesa.
Alain Calò