Spunti per uno studio sociologico ed antropologico del pellegrinaggio dei Ramara e Ddarara di Troina

Il pellegrinaggio dei Ramara, è la più suggestiva manifestazione della sincera e profonda devozione che i troinesi nutrono per il loro santo patrono. La meta di ogni pellegrinaggio è il luogo dove si va per incontrarsi con il sacro e la divinità. Per i Ramara, questo luogo è nel cuore dei Nebrodi. Il loro pellegrinaggio ha un grande fascino per gli studiosi di tradizioni popolari, che hanno indagato sulle sue origini giungendo a conclusioni interessanti. Alcuni ritengono che ci sia un nesso tra il culto delle dee madri praticato nell’antichissima città di Engion, identificata con l’antica Troina, durante il periodo classico nei secoli V e III a. C. Questo culto sarebbe stato introdotto dalla colonia di Cretesi che giunse due mila e cinquecento anni fa in questi luoghi, dove ora c’è la moderna Troina. Crediamo che la ricostruzione più attendibile sulle origini di questi pellegrinaggi sia quella che stabilisce un nesso con Apollonia e con il culto per Apollo Carneio e Dafni, due divinità del pantheon ellenico. I Ramara partano a piedi da Troina per raggiungere, dopo una faticosissima e sfiancante scarpinata lungo sentieri impervi, la località di Anghira di Faccilonga in territorio di San Fratello. Qui vanno a toccare i ramoscelli di alloro. L’alloro era la pianta sacra di Apollo Carneio e del divino pastore Dafni, entrambi protettori delle mandrie e delle greggi. Dafni era un bel giovane siciliano, che sua madre, un ninfa, aveva abbandonato appena nato in un boschetto di allori nella montagna di Era. Da qui il nome che gli diedero i pastori, suoi genitori adottivi, che lo trovarono. Secondo i miti dell’antica Grecia, Dafni era il beniamino di Apollo con il quale spesso cacciava in compagnia.
Durante il periodo classico, cioè tra il V ed il III sec a. C., in Sicilia erano 17 i centri che si riteneva fossero i depositari del culto di Apollo. Sia Diodoro Siculo che Cicerone sostennero che in Sicilia fosse esistita la città di Apollonia interamente dedicata ad Apollo dove i pastori si recavano ai suoi altari almeno una volta l’anno per benedire mandrie e greggi. Che in Sicilia esistesse la città di Apollonia ne era convinto il geografo bizantino Stefano, vissuto in epoca cristiana, al tempo di Giustiniano. Paolo Orsi e Luigi Bernabò Brea, due dei maggiori archeologi italiani del secolo scorso, vissuti quindi nel tempo a noi vicini, erano convinti che le notizie del geografo Stefano si riferivano alla costa tirrenica del Nebrodi. Bernabò Brea si convinse che il luogo dell’antica città di Apollo era il Monte Vecchio in territorio di San Fratello, dove furono trovati cocci di argilla e monete con la scritta “Apollonia”. In una zona non molto lontana da Monte Vecchio, su cui nel 2003 ha condotto degli scavi l’archeologa Carmela Bonanno, c’era pure un boschetto sacro ad Apollo dove ancora oggi ci vanno i Ramara di Troina in pellegrinaggio per San Silvestro, monaco basiliano, per toccare l’alloro, che è la pianta sacra al patrono del loro paese. Il pellegrinaggio dei Ramara, come quello dei Ddarara dell’ultima settimana del mese di maggio che fa parte del Festino di san Silvestro, non va visto come una manifestazione folcloristica.
Sbaglierebbe chi la pensasse in questo modo. Questi due pellegrinaggi votivi sono un’autentica manifestazione di religiosità popolare.” Un osservatore esterno a Troina, che vede per la prima volta questi due pellegrinaggi, si chiederà perché i Ramara a piedi e i Ddarara cavallo vanno in pellegrinaggio separatamente e distanza di una settimana gli uni dagli altri ai boschi sui Nebrodi a toccare l’alloro, la pianta sacra al santo patrono di Troina. Quando era una società ad economia prevalentemente agricola, Troina si caratterizzava per la sua rigida stratificazione sociale. La divisione in classi sociali contrapposte era molto netta e nessuna di queste classi voleva confondersi con l’altra anche nel rendere omaggio al santo patrono nel quale si riconoscevano tutte. Ecco perché i Ramara, che erano braccianti senza terra, contadini poveri e artigiani con reddito bassissimo, andavano a piedi in pellegrinaggio, mentre i Ddarara, che erano massari, contadini agiati e grandi proprietari terrieri, in pellegrinaggio ci andavano a cavallo. Oggi quella rigida divisione in classi non c’è più, ma Ramara e Ddarara vanno lo stesso separatamente in pellegrinaggio. La devozione dei troinesi per San Silvestro è qualcosa di più di un fatto religioso. Dal punto di vista religioso conferma quello che aveva intuito il cardinale Henry Newman, convertitosi da anglicano al cattolicesimo durante un suo soggiorno a Leonforte nel 1833, secondo il quale senza il culto dei santi il cattolicesimo è monco. Il culto per San Silvestro, che unisce credenti e non credenti, è anche un forte elemento dell’identità civica dei troinesi che amano ricordare l’appellativo con il quale è conosciuto san Silvestro da Troina: “civis et patronus Troinae”, cittadino e patrono di Troina.
Silvano Privitera