Valguarnera, i dubbi sulla mozione di sfiducia al presidente del Consiglio

Una figura che nelle dinamiche della politica locale viene spesso presa di mira è il presidente del Consiglio comunale, cioè colui che, dopo essere stato eletto dall’assemblea dei Consiglieri, presiede le adunanze, provvede a mantenere l’ordine, l’osservanza delle leggi e la regolarità delle discussioni e delle deliberazioni.

Il ruolo del presidente del Consiglio

La finalità di direzione e coordinamento risponde ad esigenze di trasparenza, correttezza, autonomia degli organi assembleari e del sindaco e controllo delle minoranze, come se il Presidente fosse un “primus inter pares”, affine alla figura dello speaker di stampo britannico, tant’è vero che la sua figura è stata paragonata ad una sorte di mediatore tra le forze in campo, senza connotazione politica.

Il quorum per la sfiducia

Se questa è la cornice istituzionale di riferimento, la mozione di sfiducia avverso il Presidente del Consiglio comunale di Valguarnera, che sarà discussa il prossimo 10 luglio, merita almeno due sottolineature. La prima, di valenza procedurale, concerne il quorum richiesto per l’approvazione di tale atto e che, per il caso in specie, è quello di 2/3 (n. 8 Consiglieri su 12) come richiesto dalla legge regionale, che ovviamente prevale su quello previsto dallo statuto del Comune che richiede la maggioranza dei Consiglieri presenti (n. 7 Consiglieri su 12).

I dubbi sulla sfiducia

La seconda è correlata alle motivazioni che devono sorreggere non l’atto di “sfiducia” bensì l’atto di “revoca” dell’incarico di Presidente del consiglio. La giurisprudenza prima e il legislatore dopo, hanno sempre ammesso l’ipotesi della cessazione del mandato di Presidente per “revoca” del mandato e non anche per “sfiducia”, ipotesi quest’ultima, riconducibile ad un rapporto fondato sulla “fiducia politica” intesa nel senso più tradizionale del termine e come tale inidonea ad essere applicata per il caso in questione.

In tale contesto istituzionale, appare di dubbia legittimità la cessazione dalla carica a seguito di “mozione di sfiducia”, configurabile in termini di controllo politico che mal si attaglia alle prerogative e alle funzioni tutorie e di garanzia demandate a tale organo.

La revoca e la fiducia politica

In questo senso, si è quindi consolidato l’orientamento che, al di là del termine utilizzato (mozione, revoca, cessazione etc.), vieta di deliberare una revoca del mandato del Presidente dell’organo consiliare nei casi in cui sia venuto meno il rapporto di “fiducia politica”.

Pertanto, l’operato del Presidente del Consiglio potrà essere sindacato dall’organo consiliare solo sulla base di documentati gravi atti reiterati comportamenti posti scorrettamente in essere nell’esercizio delle rispettive funzioni istituzionali.

Massimo Greco