Altro “primato” ennese, svuotati gli uffici di statistica

Se l’assenza di un centro di coordinamento delle politiche territoriali è una delle cause dello sfilacciamento dell’identità di area vasta della provincia di Enna, non meno dannosa è l’inconsapevolezza della funzione statistica che dovrebbe essere esercitata dai Comuni.

Le funzioni dei Comuni

Una buona e moderna amministrazione locale dovrebbe infatti supportare le sue funzioni con gli apparati conoscitivi e informativi disponibili per i decisori e per i cittadini, calibrati sulle dimensioni territoriali di competenza con caratteristiche di tempestività, pertinenza, fruibilità, robustezza tecnica e ampiezza tematica.

La statistica per la programmazione

La possibilità di esercizio efficace della funzione statistica passa per una programmazione delle attività degli uffici di statistica che abbracci sia l’elaborazione dei dati presenti negli archivi amministrativi di competenza, sia la raccolta delle informazioni presso i cittadini, le altre istituzioni, le formazioni sociali.
Ora, qualsiasi strategia di sviluppo passa da una corretta lettura del territorio e d ricognizione certa dei bisogni emergenti dalla comunità interessata.

Scarsa conoscenza dell’utenza

Come si può pensare di promuovere mirate politiche pubbliche se non si conosce la reale consistenza dei
destinatari? Al netto delle periodiche ricerche fatte dagli Istituti nazionali, nessun Comune della provincia di Enna ha pensato di valorizzare il proprio ufficio statistica, che continua a considerarlo una banale denominazione da affiancare allo stato civile e all’anagrafe.

La fuga dal’Ennese

Eppure in un momento particolare come quelle che stiamo vivendo, in cui i giovani continuano a cercare lavoro fuori distretto, il reddito di cittadinanza è stato radicalmente ridimensionato e le elites locali cercano timidamente di sperimentare nuove forme di resilienza, sarebbe più che utile monitorare i cosiddetti “nè-nè”, cioè quei giovani stanziali che generalmente non sono impegnati nel ricevere un’istruzione, non hanno un impiego né lo cercano e non sono impegnati in altre attività assimilabili e da cui ricavano una formazione, quali ad esempio tirocini, periodi di apprendistato e corsi professionalizzanti.
Ecco, rispetto a questo grave deficit che sembra essere diffuso in tutti i Comuni, la promozione di un mirato Centro studi che s’interfacci con l’Università Kore e con il Terzo settore di riferimento scongiurerebbe di far “navigare a vista” i decisori pubblici.

Massimo Greco