Persona morta facendo elettrocardiogramma in farmacia. UAP e Cimest: “Le farmacie non sono presidi sanitari”
Comunicati Stampa - 30/04/2025
È in primo piano la notizia che è morta in farmacia una persona che si era andata a sottoporre ad un elettrocardiogramma. “Occorre dare le giuste informazioni ai cittadini italiani – precisa Mariastella Giorlandino, presidente di UAP (Unione Nazionale Ambulatori, Poliambulatori Enti e Ospedalità Privata) insieme a Salvatore Calvaruso, Salvatore Gibiino e Domenico Garbo, rispettivamente presidente e consiglieri del Cimest (Coordinamento Intersindacale Medicina Specialistica di Territorio) –. Non si può far passare messaggi fuorvianti che fanno erroneamente credere che le farmacie siano presidi sanitari, perché non lo sono e fatti come quelli accaduti oggi purtroppo lo dimostrano. Dobbiamo ricordarci che le farmacie svolgono attività commerciale in virtù di una mera autorizzazione comunale, non hanno nessuna autorizzazione regionale all’esercizio di attività sanitarie, come invece è richiesto per tutte le strutture sanitarie, non possiedono i 420 requisiti strutturali, tecnologici e organizzativi richiesti alle strutture sanitarie e soprattutto non possiedono apparecchiature adeguate, spazi adeguati e personale medico specializzato”.
“Probabilmente – aggiungono -, se queste informazioni basilari fossero state fatte veicolare correttamente, l’ignaro cittadino colpito da un malore non sarebbe andato in farmacia per fare un elettrocardiogramma, dove non sono formati ad effettuare massaggi cardiaci, ma soprattutto dove non c’è personale medico in grado di comprendere la situazione, ma sarebbe andato presso un vero presidio sanitario: cioè una delle 27.000 strutture sanitarie presenti in tutto il territorio (ambulatori, poliambulatori, ospedali o clinica privata accreditata) dove il personale medico specializzato avrebbe subito compreso la situazione e avrebbe cercato una soluzione (iniettando adrenalina in caso di asistolia o un antiaritmico in caso di aritmia) anziché attendere la morte del paziente in attesa dell’esito dell’elettrocardiogramma. Probabilmente l’esito sarebbe stato comunque infausto, ma almeno il paziente avrebbe avuto assistenza medica, anziché la vendita di un prodotto”.
Per queste ragioni, UAP e Cimest chiedono al Governo e al Ministero della Salute: chiarezza di informazioni e garantire che chi eserciti attività sanitaria possieda gli oltre 420 requisiti richiesti dalla normativa in vigore, ai quali sottostanno tutte le strutture sanitarie, così come peraltro recentemente ribadito dalla sentenza del TAR Sicilia, per continuare a garantire il diritto alla salute costituzionalmente tutelato dall’art. 32 e non trasformare la sanità in business in mano alle Lobbies.