Export negli Stati Uniti, Enna seconda in Italia per crescita: è boom dell’agroalimentare

Un dato che sorprende e che proietta la provincia di Enna sotto i riflettori nazionali. Secondo uno studio dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre, nei primi nove mesi di quest’anno le esportazioni verso gli Stati Uniti dalla provincia ennese sono cresciute del 582,4 per cento, un incremento tra i più elevati in assoluto a livello italiano. Un risultato che, come riportato dall’agenzia AGI, colloca Enna al secondo posto nazionale per tasso di crescita, subito dopo Trieste, e che conferma il ruolo strategico dell’agroalimentare locale sui mercati internazionali.

Entrando nel dettaglio, l’exploit ennese è legato soprattutto ai prodotti del comparto agroalimentare: miele, legumi, confetture di frutta, formaggi, funghi e altre eccellenze del territorio hanno trovato negli Stati Uniti un mercato sempre più ricettivo, contribuendo in maniera decisiva all’impennata dell’export.

Il confronto con le altre province siciliane

Il risultato di Enna spicca anche nel panorama regionale. In Sicilia, infatti, poche province riescono a registrare incrementi così marcati verso i mercati esteri. A livello di crescita complessiva dell’export mondiale, Palermo si distingue con un +160,6 per cento nei primi tre trimestri dell’anno, seguita da Vibo Valentia (+151,2 per cento) e dal Sud Sardegna (+129,5). Tuttavia, sul fronte specifico delle esportazioni verso gli Stati Uniti, Enna emerge come uno dei casi più eclatanti dell’intero Mezzogiorno.

Non mancano, però, le note negative: altre province italiane del Sud e delle Isole mostrano segni di affanno, come Caltanissetta (-24,2 per cento), Isernia (-27,3) e Crotone, che registrano cali significativi nelle vendite all’estero.

Lo scenario nazionale: Trieste in testa

Guardando al quadro nazionale, a primeggiare per incremento dell’export verso gli Stati Uniti è Trieste, dove la crescita ha raggiunto il +1.080 per cento. Nel capoluogo giuliano le esportazioni sono passate da quasi 107 milioni di euro nei primi nove mesi del 2024 a quasi 1,3 miliardi nello stesso periodo di quest’anno. A trainare questo balzo è stato soprattutto il settore della produzione di navi e imbarcazioni.

Dopo Trieste ed Enna, sul podio delle crescite più elevate si colloca Vibo Valentia, con un aumento del 434,5 per cento. Numeri che testimoniano come il dinamismo dell’export italiano non sia limitato alle tradizionali aree industriali del Nord, ma coinvolga anche territori considerati periferici.

A livello macroeconomico, l’Italia ha raggiunto un risultato di assoluto rilievo: nel terzo trimestre dell’anno è salita al quarto posto tra i Paesi del G20 per esportazioni di merci, con un valore vicino ai 190 miliardi di dollari. Davanti restano solo Cina, Stati Uniti e Germania, mentre il nostro Paese ha superato il Giappone. Un traguardo raggiunto nonostante i dazi americani, che non sembrano aver frenato il Made in Italy.

Le ragioni del boom negli Usa

Secondo la Cgia, una prima spiegazione dell’aumento record dell’export verso gli Stati Uniti è legata all’“anticipo” degli acquisti da parte di consumatori e imprese americane, che avrebbero accelerato le importazioni di prodotti italiani prima dell’entrata in vigore degli aumenti delle tariffe doganali la scorsa estate. Questa ipotesi trova conferma nel calo registrato ad agosto (-21,6 per cento rispetto allo stesso mese del 2024), ma viene in parte smentita dal dato di settembre, quando l’export italiano verso gli Usa è tornato a crescere del 34,7 per cento su base annua.

Per gli artigiani di Mestre, il fenomeno è spiegabile anche con altri due fattori. Da un lato, i consumatori statunitensi continuano a scegliere i prodotti italiani nonostante l’aumento dei prezzi: il 92 per cento delle merci esportate negli Usa rientra infatti in una fascia medio-alta, difficilmente sostituibile con beni di pari qualità. Dall’altro lato, molte imprese italiane avrebbero difeso o addirittura ampliato le proprie quote di mercato riducendo i margini di profitto per compensare l’effetto dei dazi.

Restano, tuttavia, alcune incognite per il futuro. Le politiche protezionistiche statunitensi potrebbero incidere nel medio-lungo periodo sul commercio estero italiano, così come la svalutazione del dollaro nei confronti dell’euro, che dall’inizio dell’anno ha perso circa il 12 per cento. Nonostante ciò, il dato resta chiaro: nei primi nove mesi dell’anno le vendite italiane negli Stati Uniti sono aumentate del 9 per cento complessivo.

Per la provincia di Enna, questo boom rappresenta non solo un risultato statistico, ma anche un segnale concreto delle potenzialità del territorio. L’agroalimentare ennese dimostra di poter competere sui mercati più esigenti del mondo, trasformando qualità, tradizione e identità locale in una leva di sviluppo economico.