Cgil Sicilia: imprese confiscate alla mafia, ddl di iniziatica popolare

Il 90% delle aziende confiscate alle mafie -1.636 su tutto il territorio nazionale di cui 614 (il 37%) in Sicilia- fallisce, i lavoratori coinvolti finiscono licenziati (si stima circa 70 mila persone) e secondo la modifica della normativa targata Fornero non possono neanche usufruire di ammortizzatori sociali. A questi numeri si aggiungono quelli delle imprese sequestrate. Per fare fronte a questa situazione consentendo l’emersione alla legalità , il rilancio di queste imprese e la tutela dei lavoratori , la Cgil, Libera, L’Arci, l’Anm, la Legacoop, Avviso pubblico e il Centro Pio La Torre intendono presentare al prossimo Parlamento nazionale un ddl di iniziativa popolare che punta a colmare le lacune dell’attuale legislazione e a rimuovere gli ostacoli che impediscono la sopravvivenza sul mercato delle aziende “bonificate”, tra cui i lunghi tempi di riassegnazione. “Bisogna dare il segno con forza- ha detto Antonio Riolo, segretario Cgil Sicilia- del fatto che lo Stato c’e’ e attraverso lo Stato si lavora e si produce nella legalità”.
L’iniziativa è stata presentata oggi, in una conferenza stampa, dagli esponenti siciliani del comitato promotore che hanno annunciato che da ieri e’ partita la raccolta di firme su scala nazionale e si prevede di concluderla il 3 giugno prossimo. Solo in Sicilia l’obiettivo e’ di 40 mila sottoscrizioni. In questi 6 mesi saranno tante le iniziative di sensibilizzazione sul tema messe in campo.”L’obiettivo- ha affermato Riolo- e’ riattivare i canali della legalita’ economica e tutelare i lavoratori, restituire i patrimoni mafiosi alla collettività e garantire e dare dignità al lavoro”.E per fare questo, secondo i promotori del ddl, occorre fare si’ che le imprese possano sopravvivere e i lavoratori continuare a lavorare. Tra le proposte del ddl c’e’ allora “la creazione di un fondo ad hoc per garantire linee di credito- ha affermato Francesco Cantafia, della Cgil Sicilia- concesse dalle banche fino al giorno prima del sequestro ma poi negate”. C’e’ anche la premialita’ fiscale per chi investe in queste aziende, ma anche il reinvestimento delle liquidita’ sequestrare e confiscate per garantire ai lavoratori gli ammortizzatori sociali in attesa del rilancio delle aziende. Viene affrontato il capitolo della formazione, ma anche quello della creazione di una cabina di regia ( un ufficio attivita’ produttive presso l’agenzia dei beni confiscati) per la massima trasparenza di tutti i processi che, ha detto Vito Lo Monaco, del centro Pio La Torre, “vanno seguiti non secondo una visione di mera contabilita’ ma di immediato riuso sociale, sapendo che anche attraverso questa strada si misura lo spessore antimafia dei governi”. Della necessita’ di allargare il fronte delle adesioni all’iniziativa ha parlato Umberto Di Maggio, di Libera, del ruolo delle coop, Filippo Parrino, e Calogero Parisi, dell’Arci della volonta’ di fare vivere l’iniziativa in quanti piu’contesti. La segretaria della Cgil di Trapani, Mimma Argurio, ha invece sollevato il tema della necessita’ di selezionare gli amministratori giudiziari, “con le dovute eccezioni, oggi manager sottocosto – ha detto- che disconoscono le relazioni sindacali e hanno come unico obiettivo quello di fare business”. Oggi il 45% delle imprese confiscate e’ del settore terziario, il 27% dell’edilizia, “segno – ha rilevato Cantafia- che la mafia si concentra dove c’e’ liquidita’, per rimettere in circolo ripulendolo il denaro sporco”.