Francesco Pira a Panorama: Facebook è lo specchio della società
Enna-Cronaca - 20/12/2009
Il sociologo, docente dell’Università di Udine, intervistato da Massimo Morici spiega perchè non occorrono nuove leggi:
“La Rete deve rimanere libera e non ha bisogno di restrizioni, perché è lo specchio della società“. Lo dice con sicurezza Francesco Pira, sociologo della comunicazione e professore di Relazione pubbliche all’ateneo di Udine. Panorama.it lo ha contattato per capire il fenomeno dei gruppi pro Tartaglia e della campagna di odio verso il premier, comparsi sui social network, e le reazioni della classe politica, che ha proposto norme più stringenti sul web.
Professore, secondo Renato Schifani Facebook è più pericoloso di certe sigle degli anni ’70. E i responsabili europei di Facebook hanno subito aperto al dialogo con il presidentde del Senato per capire se, dove e come migliorare il social network. Lei come la pensa?
Credo che il problema non sia quello di studiare nuove norme, ma di capire un fenomeno di cambiamento culturale. E credo che molte persone, le stesse che criticano i social network , e una larga parte della classe politica del nostro paese non siano mai entrati effettivamente in un social network. Non sanno neanche come sia fatto. Mi piacerebbe se si ragionasse insieme su cosa siano e come funzionino, invece di parlarne bene quando servono, come è capitato nel caso del terremoto in Abruzzo, quando Facebook è servito come strumento per la raccolta di fondi, o di parlarne male, come sta accadendo in questi giorni.
“Vietato vietare” è quindi uno slogan ancora attuale
Secondo me, sì. Siamo l’unico paese, in Europa e forse nel Mediterraneo, dove ancora ci sono i cartelli su cui vi è scritto: “È severamente vietato“. Farlo su internet credo proprio che non sia necessario, almeno che non si voglia una censura in stile cinese.
Come spiega il fenomeno delle minacce sulla rete e dei gruppi pro Tartaglia?
È interessante capire perché molti di questi “fan” siano così e si esprimano in questo modo. Ma la colpa non è certo di Internet, che è lo specchio della realtà, ma di questa società dove, tra l’altro, dominano i modelli imposti della tv. Poi c’è un’altra considerazione da fare: ho fatto una ricerca di due anni sulla presenza nei social network del presidente Obama, il quale riceve ogni giorno minacce di qualsiasi tipo sui commenti e sui blog, ma che non sognerebbe neanche alla lontana di chiuderli.
Quindi anche lei si iscrive al coro dei no alla proposta del ministro dell’Interno, Roberto Maroni, di oscurare solo i siti che incitano all’odio?
Ci sono, purtroppo, tanti siti che esaltano l’antisemitismo, per esempio, ma ci sono anche tanti imbecilli in strada che lo fanno. Sulla Rete, insomma, c’è il buono e il cattivo, per usare due categorie morali, come nella società. E poi la Rete le sue regole ce le ha già. Come quelle adottate da molti social network anche per evitare alcuni tipi di reati. Infine, c’è la Polizia postale che controlla. Credo che questa sia la strada giusta. Altre norme restrittive non servono.
Non c’è neanche bisogno di un galateo per la Rete?
È sufficiente che i genitori non mollino i loro figli da soli per ore intere davanti a un computer, ma che imparino anche loro il funzionamento di questi strumenti.
Invece che “vietare”, la parola d’ordine potrebbe essere “imparare” a navigare?
Senz’altro. La scuola, invece di parlarne solo una volta l’anno, e cioè nel tema della maturità, come è capitato, potrebbe insegnare ai ragazzi come usare correttamente i social network e le regole per la convivenza: dentro (e fuori) la Rete.