Leonforte. Cose di paese. Le Tavolate al tempo del covid

Marzo a Leonforte ha sempre voluto dire San Giuseppe. Il primo venerdì del mese si nettano i legumi e poi si procede con i finocchi e i cardi, raccolti dagli uomini, mondati e bolliti dalle donne. “L’artaru” è cosa di tutti, parenti e amici si stringono per aiutare e nell’aiuto il paese diventa comunità. Si dona e si lavora per onorare il santo artigiano. Quest’anno però le tavolate non si faranno. La pandemia ci ha rubato anche questa dimensione. Oggi incontrare gente vuol dire assembrarsi e assembrarsi vuol dire agire contro i più fragili. Tornerà il tempo del “traficu” e della condivisione di “travagghiu” e soddisfazione. Tornerà il tempo del piatto comune da cui prendere e mangiare olive e polpette di finocchi, il tempo dei vecchi stretti ai giovani e del pane spezzato con le mani e passato di mano in mano. Torneremo a cantare e cuntari “raziunedddi”. Quest’anno dobbiamo sopportare ancora e ancora sperare che i vaccini arrivino presto e per tutti altrimenti dovremmo accontentarci di curiosare su Facebook per ricordare quello che è stato o per scoprire cosa succede o “chianu a scola”, dove si chiacchiera dell’altra iscrizione al registro degli indagati. Dopo il sindaco è toccato al dott. Cocuzza. I fatti sono quelli noti: assunzioni poco chiare alla Srr di Leonforte. Fatti su cui gli inquirenti indagano e la gente mormora e si domanda ma “a chisti cu i paga?”. E si dice pure sulle domande degli intellettuali. Si cunta e si raccunta di domande che insistono e di parole che sono fharmakos che è insieme veleno e cura. Torneremo a credere nella possibilità di essere una buona comunità e l’anno prossimo al nostro santo preferito ci stringeremo ancora di più.

Gabriella Grasso