Aidone. Il tesoro di Morgantina torna a Manhattan

Aidone. La notizia è confermata e destinata a fare scalpore. Il tesoro greco di Morgantina, esposto al museo archeologico di Aidone dal 3 dicembre 2010 e meta di migliaia di visitatori, sarà restituito per quattro anni al Metropolitan Museum di New York e poi di nuovo rimpatriato. Dopo i successivi quattro anni, il viaggio si ripeterà e così per i prossimi quarant’anni, quando finalmente il prezioso gruppo di argenti potrà riposare dove attualmente si trova. E dove si sarebbe, in verità, dovuto trovare sin dalla sua scoperta nel 1980, se i tombaroli non l’avessero venduto al più grande ed impunito trafficante di antichità di tutti i tempi, Robert Hecht, che poi lo cedette nel 1981 al Metropolitan.
La singolare sorte toccata al tesoro è frutto di una clausola imposta da Fhilippe de Montebello, direttore del museo americano, all’allora ministro dei Beni culturali Rocco Buttiglione nell’accordo per la restituzione siglato nel 2006. Restituzione che è stata fatta passare per spontanea, mentre era noto al mondo intero che avveniva sotto la pressione di un processo penale per associazione a delinquere e ricettazione, apertosi al tribunale di Roma nel luglio 2005 e che vedeva alla sbarra i predatori del nostro patrimonio archeologico, tra i quali Hecht, abituale fornitore del Metropolitan di antichità rubate. Philippe de Montebello si è sempre trincerato dietro una indifendibile buona fede, ma non ha mai spiegato come mai il suo predecessore, Tom Hoving, abbia una volta detto: “tutto quello che compra e vende Hecht si può essere certi che è stato dissotterrato di recente”. Possiamo immaginare che Buttiglione, ignaro delle risultanze del processo romano, abbia creduto alla buona fede del Metropolitan nell’acquisto del tesoro di Morgantina ed abbia concesso l’inedito prestito periodico quarantennale come contropartita, ma il problema posto da quella clausola resta ed è maledettamente serio.
Intanto, siamo convinti che quei viaggi del prossimo mezzo secolo non giovino alla delicatezza del materiale di fine oreficeria di cui è fatto il tesoro. Nessuno può garantire che, tra un imballaggio e l’altro, qualche pezzo, che il tempo e la sepoltura millenaria hanno ridotto ad una “sfoglia di cipolla”, si rompa, quantomeno nelle saldature. In tal caso, chi risponderà del danno ad un reperto che, come complesso, è stato definito unico al mondo e di incomparabile valore, emblema della ricchezza di cultura artistica della Sicilia in epoca ellenistica? Quale Soprintendente si sentirà in coscienza di firmare il necessario nulla osta all’esportazione temporanea dei diciassette gioielli, garantendo sull’assenza di rischi per la loro integrità ?
E poi, come la mettiamo con il museo di Aidone, divenuto, grazie anche alla “Venere” restituita dal Paul Getty, una tappa fondamentale per la conoscenza della Sicilia greca, e come tale decollato nella fruizione pubblica con buone ricadute sul territorio? Cosa ci sarà scritto nelle sale di esposizione del tesoro, a fatica egregiamente allestite dall’attuale direzione? Immaginiamo un vistoso cartello che inviti gli sfortunati visitatori a ripassare fra quattro anni, perché il tesoro si trova a New York. Bella pubblicità negativa per un museo e bella sconfitta per tutta la cultura siciliana! Forse è anche per questo che il museo di Aidone ancora ritarda una pubblicazione o anche un semplice depliant sul tesoro: ha vergogna di informare che fra qualche mese il tesoro scomparirà dall’esposizione oppure non vuole essere accusato di pubblicità ingannevole sulla presenza di qualcosa che c’è o non c’è a seconda dell’anno.
A tali perplessità sull’inopportuna clausola se ne potrebbero aggiungere altre, ma poiché il tempo stringe e le casse per la spedizione sono quasi pronte e nessuno pare se ne scandalizzi bisogna pur proporre qualcosa per evitare l’irreparabile.
Uno scatto di reni e una protesta a testa alta, intanto, si impone da parte dei rappresentanti istituzionali del patrimonio culturale siciliano, che hanno dovuto digerire con un maldipancia il diktat della diplomazia statale nella restituzione di qualcosa che, come frutto di reato, doveva essere restituito senza condizioni così onerose. Per convincere il museo americano si potrebbe, per esempio, offrire in cambio del tesoro un reperto meno a rischio ed altrettanto importante per gli americani, che, dopo la capitolazione del 2006, sembrano orientati ad attingere ai musei siciliani per mostre ed eventi mediatici del genere. E noi in questo siamo generosi, tanto è vero che l’auriga di Mozia fra qualche giorno prenderà il largo per il Pacifico, ospite del Paul Getty per un paio di mesi.
A supportare l’azione “diplomatica” dei tutori del nostro patrimonio culturale, auspichiamo una decisa azione di pressione dell’intera comunità non solo aidonese, ma della provincia ennese, che sente l’ingiustizia sostanziale insita nella privazione quadriennale di un gruppo di reperti così allettanti per visitatori e studiosi di antichità, che, diminuendo di numero, vanificherebbero gli sforzi sin’ora fatti per creare attorno al museo di Morgantina ed ai Mosaici di Piazza Armerina un polo di attrazione di grande valenza. Chissà se taluno dei candidati alle prossime elezioni regionali vorrà intestarsi questa battaglia, nobile ed alta, piuttosto che perdersi in promesse cui non crede più nessuno.

Silvio Raffiotta


Nelle foto di Zagara Palermo: 29 novembre 2010 arrivo al Museo di Aidone degli argenti

video collegato: Morgantina Aidone. Il ritorno degli argenti di Eupolemo