Leonforte: lezione dell’Università Popolare sull’inno di Mameli

Leonforte. L’ultima lezione dell’Università Popolare, per quest’anno, è stata tenuta dal professore Nigrelli e dalla professoressa Maria. Tema della lezione: L’inno di Mameli o Fratelli d’Italia o Canto degli Italiani, composto nel 1847 divenne Inno nel 1946 sostituendo la Marcia Reale di Gabetti scritta per Carlo Alberto. L’inno è stato cantato, criticato e male interpretato da genti d’ogni tempo. I leghisti avrebbero preferito il coro del Nabucco a quest’ode all’unità ancora da compiersi, specie per quella “schiava di Roma” malamente intesa dal Bossi in camicia verde e dito medio fieramente levato. L’Inno scritto da Goffredo Mameli e musicato da Michele Novaro è composto da cinque strofe, intrise di storia e di agiografia d’eroi fanciulli. Il professore Nigrelli ha spiegato chi era Scipione l’Africano e come fu che ridiede a Roma il primato sul Mare Nostrum contro quella Cartagine minacciosa e potente e ha spiegato le guerre Puniche e Zama e gli ozi capuani. La professoressa Maria ha cuntato di come “…quell’uniti, per Dio…”della terza strofa scandalizzò un finto prete leonfortese, persuaso che l’invocazione fosse una bestemmia e l’Inno una blasfemia. Della quarta strofa il professore Nigrelli ha spiegato chi fosse Francesco Ferruccio e chi Maramaldo, la sua nemesi nella celebre frase: “ Tu uccidi un uomo morto” e chi fosse Perasso, “ingiuriato” Balilla e cosa fosse il Carroccio e chi era Alberto da Giussano. Ha spiegato la battaglia di Legnano e il Barbarossa e i Vespri siciliani nella trovata del “cicero” e la consanguineità di due terre dilaniate dalle spartizioni. Cosacchi e Aquile spennate, coorti e giunchi mercenari sono le allegorie di un canto che nella consuetudine popolare si ferma alla primo Sì, ignorando il valore che quel Sì postumo al Mameli, aveva. Giovanna Maria ha chiuso ricordando che il Sì dell’Inno ebbe un valore di cominciamento alla battaglia per quanti lo cantarono anche dopo il Gianicolo.

Gabriella Grasso