Enna: Assolta dopo 13 anni

Enna 31/05/06 – Ci sono voluti tredici anni per avere un’assoluzione da parte della Cassazione dai reati di calunnia, truffa nei confronti dello Stato e di falso ideologico e materiale nei confronti di una dipendente del primo circolo didattico “Marconi di Agira, Rosa Maria Di Bella, difesa dall’avvocato Antonio Impellizzeri. Rosa Maria Di Bella, 57 anni di Agira, era stata rinviata a giudizio in quanto resasi responsabile, nel 1993, secondo l’accusa, di calunnia nei confronti del direttore didattico, Giovanni Scaminaci, accusandoselo di abuso in atti di ufficio; inoltre, per avere falsificato numerosi fogli di presenza del circolo didattico nel quale prestava servizio quale impiegata, contraffacendo sia gli orari d’ingresso che quelli di uscita, di truffa perché con artifici e raggiri non rispettava l’orario di servizio andando a falsificare successivamente l’orario d’ingresso e di uscita dal plesso scolastico dove prestava servizio in modo da impedire che le venissero effettuate delle ritenute dallo stipendio oppure venisse disposto dal dirigente scolastico il recupero delle ore di servizio non svolte. Fatti questi che sono accaduti nel periodo che va dal gennaio del 1992 a giugno del 1993. Il collegio giudicante, presieduto dal magistrato Erminio Sceberras del tribunale di Nicosia il 18 ottobre del 2000 condannava Rosa Maria Di Bella alla pena di un anno e sei mesi di reclusione, pagamento delle spese processuali con la sospensione della pena. Il Pm, in quell’occasione aveva fatto appello perché la pena venisse aumentata. La seconda sezione penale della Corte di Appello di Caltanissetta, presieduta dal dottor Francesco Caruso, nel dicembre del 2004, su memoria difensiva dell’avvocato Antonio Impellizzeri, dichiarava l’imputata colpevole dei reati di truffa e falso, eliminando il reato di calunnia, modificava la sentenza, condannando l’imputata ad otto mesi e 15 giorni di reclusione. In Corte di Cassazione l’avvocato Impellizzeri sosteneva la tesi che “i cartelli marcatempo e i fogli di presenza dei pubblici dipendenti non sono atti pubblici, essendo questi elementi che afferiscono al rapporto tra il dipendente e la pubblica amministrazione”. La quinta sezione della Corte di Cassazione ha annullato senza rinvio, ieri mattina, la condanna di secondo grado, assolvendo dai rimanenti reati la signora Rosa Maria Di Bella.