A Troina si avvertono gli effetti della crisi, di giorno in giorno più pesante

Troina. “Fare agricoltura a Troina è un’attività in perdita, non ci sarà alcuna prospettiva se le cose non cambieranno”, ci ha detto un agricoltore che le ha provate tutte per stare sul mercato. “Quando guardo il mio estratto conto, capisco subito che non sto costruendo il mio futuro, ma sto rosicchiando il mio passato”, ci ha confidato un tipico rappresentante di quel ceto medio riflessivo che non ce la fa più a mantenere quello stile di vita agiata di una volta e si vede costretto a ridurre i consumi. Queste due dichiarazioni da noi raccolte la dicono lunga su come va l’economia del paese. La crisi sta colpendo come un maglio la fragile economia locale, che per la verità sta in buona salute da molti anni. E’ come se piovesse sul bagnato. E’ diffusa la sensazione che non solo non si riesce ad invertire la tendenza al declino, ma neppure ad arrestarla. Quei lavoratori precari della categorie più disparate, da lavoratori socialmente utili, ai contrattisti a quelli che sono in mobilità ed agli altri del reddito minimo, vedono il futuro come una minaccia piuttosto che come una speranza. Con uno stipendio mensile inferiore a mille euro, le loro famiglie, quando queste sono monoreddito, rischiano seriamente, se non ci sono già, di cadere al di sotto della soglia della povertà. E’ sempre più difficile per loro avere soldi in quantità sufficiente per comprare i vestiti, per pagare le bollette della luce, dell’acqua e del gas o sostenere una spesa imprevista. Ora addirittura temono di essere le vittime sacrificali del patto di stabilità. Diventa sempre più difficile per loro continuare a sperare nella stabilizzazione del posto di lavoro nella pubblica amministrazione. Tra di loro si va diffondendo il timore di perdere persino questo straccio di lavoro precario. Non sono tranquilli per il loro futuro neppure molti di quelli che sono occupati in una delle tante aziende che fanno capo all’Oasi Maria SS. E’ ormai sfumata la speranza di quegli circa 80 corsisti sul consorzio Nebrodi Calzature che era stato presentato come una formidabile occasione di sviluppo, ma che si è rivelato una bolla di sapone. Salvare il posto di lavoro o inventarsi una nuova attività, diventa sempre più complicato per molti troinesi. Una volta era l’edilizia a fare da traino all’economia locale. Costruire case voleva dire creare opportunità per commercianti ed artigiani. E, in effetti, così è stato nella seconda metà del secolo scorso. Ma ora, con un patrimonio edilizio in grado di accogliere 22.000 abitanti, secondo il calcolo che ne ha fatto il gruppo di tecnici guidati dal prof ing Paolo La Greca che ha avuto l’incarico della revisione del Prg, quando la popolazione è al di sotto di 10.000, non è realistico pensare alla vecchia maniera al settore delle costruzioni per risollevare l’economia locale. L’edilizia in paese potrebbe recuperare il suo ruolo di stimolo all’economia locale solo con un approccio diverso alle questioni abitative. Più che a costruire nuove case, bisogna pensare al recupero ed alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente per adeguarlo alla normativa antisimica ed a quella sul risparmio energetico. Alcuni indicatori demografici segnalano inoltre questa deriva del paese. L’età media dei troinesi è di 44 anni. La popolazione non solo cala di anno in anno (scesi dai 10061 del 2001 ai 9730 abitanti del 2010), ma invecchia (nel 2001 gli anziani con più di 65 anni di età erano sotto il 20% dell’intera popolazione ora sono quasi il 25% degli abitanti). La disoccupazione giovanile in paese è altissima. Sono molti i giovani che, con la laurea ed il diploma in tasca, lasciano il paese per andare a cercare lavoro nelle regioni del Nord. Per molti di loro, la scelta di trasferirsi al Nord è definitiva. Così il paese perde quella che per un sistema economico è la sua linfa vitale. Il quadro attuale dell’economia e della società troinese è perfettamente identico a quello drammatico che emerge dai risultati dell’ultimo rapporto Svimez sull’economia meridionale. Il paese è messo male. Non c’è che dire, la situazione è molto seria.

Silvano Privitera