Intervista a Cinzia Maccagnano a Piazza Armerina in “Dioniso”

Un Dioniso divinamente imperioso ed umanamente insicuro, si erge sugli esseri umani: sono baccanti, uomini colti dal desiderio o rifuggenti da esso; individui che forse verranno illuminati da una divinità resasi carne, come loro; e che vuole svelar loro il senso di distruzione. Immersi in movimenti incessanti ed ombre di tensione, e variazioni di umore, gli 8 protagonisti dell’opera Dioniso, tratto da  Le Baccanti di Euripide e I Sonetti e Orfeo di Rainer Maria Rilke;  si annientano e ricostituiscono continuamente, ora consapevoli delle proprio destino autodistruttivo al mancare di un’acuta riflessione sulle proprie mal azioni, ora ripiombati nella noncuranza di un’abitudine all’agire leggero e spensierato; tra ricerca e appagamento, tra goduria e paura delle loro stesse azioni, si trasformano, si fondono nello spazio; e restano divisi, come facilmente identificabili ognuno nel proprio ruolo da cui Dioniso vuol tirarli fuori.

E c’è riuscita bene, la protagonista, autrice insieme a Dario Garofalo, e regista dello spettacolo, Cinzia Maccagnano, che con un linguaggio aulicamente semplice non ha risparmiato di offrire le possibilità positivamente “distruttive” della compagnia “Bottega del pane”: che a quasi 15 anni dalla sua nascita, ha già imposto un proprio stile e un proprio nuovo modo di vedere e rappresentare le cose.

Cinzia Maccagnano, avvia il proprio percorso di attrice all’I.N.D.A di Siracusa, formando in seguito una compagnia propria “La bottega del pane”; da qualche anno fa parte del gruppo Mda Danza di Aurelio Gatti, ed amplia le proprie collaborazioni con altre compagnie teatrali ed anche musicali, per una commistione di parola, danza e mimo.

 La compagnia Bottega del pane, con “Dioniso” a Piazza Armerina, conclude con la 3° ed ultima data  dopo Palermo e San Cipirello, la propria prima partecipazione all’interno del circuito “Teatri di pietra”. Cosa rappresenta tale circuito per chi va in scena, e per coloro che vi assistono?

E’ un’opportunità per le compagnie di giro, ma soprattutto per le compagnie giovani che con fatica ed entusiasmo portano in giro spettacoli originali, per rinnovare sempre l’arte del teatro. Teatri di pietra consente di far rivivere posti che appartengono alla tradizione, che esistono dalle origini dell’uomo, e dunque  rappresentano anche la sua progressione.

Gli spettacoli che noi facciamo, sono contemporanei e quindi appartenenti all’uomo di oggi e forse anche dell’uomo di domani.

 

“Bottega del pane” nasce, nel 1996, e consta più di 25 titoli  su teatro delle origini,per più di mille repliche. Cosa ricercate in queste origini?

Ci occupiamo del teatro delle origini  perché la nostra formazione è partita intenzionalmente da questo ambito: veniamo dalla scuola dell’I.N.D.A. di Siracusa ed il nostro primo spettacolo loabbiamo fatto al teatro greco di Siracusa. Veniamo da luoghi che in qualche modo impressionano lasciando un’impronta e dicono che il teatro viene da lontano ma guarda al futuro. E’ questo che cerchiamo: di intravedere cosa c’è oltre cercando di essere la lente d’ingrandimento del presente senza essere storia.

 

 Il personaggio Dioniso è: disordine distruttore, crudele e spietato; grottesco quando si prende gioco di Penteo facendolo vestire da donna. Ad oggi, egli potrebbe essere assimilabile a tutte quelle amministrazioni(dal nazionale al locale), che si prendono gioco della cultura, in questo caso del teatro; e le chiedono di indossare ruoli ad essa non adorni, come: la marginalità, la sacrificabilità per altre necessità artistiche o di altro genere, e il ricorso ad una autonomia finanziaria non sempre sostenibile?

Sicuramente questo è possibile, però io ritengo che, Dioniso sia più intelligente di tante amministrazioni; egli si “traveste” da amministratore per essere lo specchio di quella che è la società di oggi, e dice: “io mi comporto da uomo di potere come vi comportate voi e vi dimostro che cosa può accadere in una società che va alla deriva e che si lascia trascinare da una noncuranza della conservazione di certe verità”.

 

Quale aspetto avete cercato di focalizzare in particolar modo in questo spettacolo?

L’aspetto umano stranamente, perché  Dioniso è una divinità che combatte per essere riconosciuta come divinità, ma si comporta come un essere umano: con rabbia ma anche con un certo senso di dubbio: lui ha anche il dubbio di non essere nel giusto. Porta Agade  a uccider il figlio, porta tutto lì dove deve andare, verso una distruzione che lui ritiene opportuna visto il degrado della società, però poi alla fine, ha il dubbio che anche lui è stato fragile, come gli esseri umani. Dunque, una riflessione in più, fatta da un Dio, e maggiormente da un uomo, come egli stesso si è reso,  potrebbe porre rimedio alla distruzione incosciente. Questa incertezza ci ha condotti ad una gestione dello spettacolo molto più incentrata sul movimento, e le titubanze di esso. In questi casi la parola non basta, e bisogna servirsi di immagini dirette, forti e già chiare in sé.

 

Da alcuni anni fai anche parte dell’Mda Produzioni: quali criteri determinano la scelta delle opere che hai rappresentato con l’Mda Danza? E cosa lega il tuo percorso professionale/e o personale a quello di Gatti?

Io sono istintiva, ed un pò intuitiva, e forse non medito molto sulle stesse scelte che compio, siano esse riguardanti le collaborazioni che i tipi di lavori. Il mio percorso con Aurelio Gatti nasce da un incontro quando facevo la scuola dell’I.n.d.a. , da dove scaturisce un rapporto di grande intesa tra maestro ed allieva che si è sviluppato grazie ad altri fortuiti incontri anche a Roma, e,  che nel tempo ci hanno riportato in questi luoghi. E quello che ci unisce sono proprio questi luoghi dove ci siamo incontrati, prima Siracusa e poi Roma, e quell’infinito delle possibilità che ci circonda e che in qualche modo ci porta a fare poi delle scelte particolari anche riguardo ai testi: ogni anno c’è qualcosa che ci porta a fare delle scelte di spettacoli comuni, dopo magari esserci confrontati su ciò che abbiamo già fatto insieme o meno. Lui  mi ha dato l’opportunità di cominciare ad avere anche una certa autonomia nel fare spettacoli con la mia regia perché mi ha dato il coraggio di farlo, e soprattutto mi ha dato la fiducia; quindi lui si è fidato, e questa è una grande opportunità che non molti hanno.

 

Attrice ma anche regista, un percorso naturale, automatico o voluto quello verso la regia?

E’ una scelta naturale, perché come mi sono ritrovata a fare l’attrice, allo stesso modo mi sono ritrovata a fare la regia; nel corso della propria carriera, un attore si rende conto se vuole essere diretto, altri come me, pur rimanendo attori si accorgono di avere una visione ancora più esterna. L’attore si guarda sempre da fuori, si deve guardare sempre, però il regista ancor più, guarda da fuori ma in grande. Scegli la regia perché ti accorgi di tutto il meccanismo ch’è oltre te che sei l’attore: ciò che sta dietro le quinte o  le luci, la musica,  il suono ,il ritmo; una sorta di composizione. Penso sia un percorso naturale; non è una scelta meditata ma sentita.

 

Ti cimenti anche nei laboratori, come attirce regista; cito ad esempio il “Teatro dei Territori” ad Enna; cosa cerchi di trarre dagli allievi, e cosa loro danno a te?

Mi danno quello che io non conosco ancora. Spesso mi capita di non sapere più cosa voler ricercare, perché si crede di aver già scandagliato abbastanza. Ci si guarda intorno e non si sa bene cos’altro dare come attore, o regista . Allora, i laboratori creano  degli incontri di vita, ma in una circostanza che crea un comune intento e quindi si ha lo stesso desiderio di conoscere e far conoscere. Cerco di dare ma poi in realtà prendo: la meraviglia dei giovani, l’affetto, il bisogno, la necessità; la necessità soprattutto, che sento dagli altri è un motivo di spinta per riprendere una ricerca dentro di sé e fuori di sé, in un particolare respiro, o movimento o ritmo di pensiero e di voce.

Aurica Livia D’Alotto

foto Maria Catalano