Antonio Di Matteo, procuratore antimafia a Palermo parla di “Giustizia” a Troina

Troina. E’ durato due ore e mezza l’incontro con il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Palermo, Antonio Di Matteo, organizzato dall’associazione culturale Antonio Gramsci, tenutosi nell’aula magna dell’Iiss Ettore Majorana venerdì pomeriggio, coordinato da Silvano Privitera.

Di Matteo ha risposto alle numerose domande dei giornalisti Giulia Martorana e Josè Trovato su quello che sta succedendo nel campo della giustizia con gli attacchi alla magistratura, le proposte di legge che tendono a limitare l’uso delle intercettazioni telefoniche ed il processo breve. La discussione ha coinvolto anche il numeroso pubblico presente in sala come dimostrano le molte persone che hanno voluto prenderne parte facendo delle domande o pronunciando interventi ben articolati: Fabio Venezia, Franco Laudani, Marinella Pacino, Giorgio Castano, Antonio Insinga, Carmelo Conticello e Marina Ruccella. “Questi incontri sono utili – ha detto Di Matteo – per cercare di capire che cosa la gente pretende dalla magistratura”. Rispondendo alle domande sugli attacchi alla magistratura, Di Matteo ha fatto questa constatazione: “Quando svolge la sua azione contro la criminalità comune, la magistratura è apprezzata, ma quando le sue indagini arrivano alle collusioni tra mafia, politica, imprenditori, istituzioni e poteri massonici parte l’offensiva contro la magistratura accusata di essere politicizzata e di voler sovvertire il voto popolare”. Trovato hanno aggiunto che il tentativo di delegittimazione ha di mira anche i giornalisti, ai quali si vuole impedire di informare i cittadini sui risultati delle indagini giudiziarie sul rapporto mafia e politica e sulla corruzione politica non più coperti dal segreto istruttorio. Martorana ha precisato che la libertà di informazione è cosa ben diversa dal dossieraggio, A proposito delle intercettazioni, Di Matteo ha detto che tutto quello che si sa sui rapporti tra mafia e politica negli ultimi decenni lo si deve proprio alle intercettazioni. Impedendone l’uso, si limitano i poteri d’indagine della magistratura e si mette il bavaglio alla stampa. Si è discusso anche della lunga durata dei processi che dipende dall’insufficienza di mezzi e risorse umane a disposizione della magistratura. Di Matteo ha parlato di desertificazione delle procure: un giovane magistrato non può fare il pubblico ministero. Per avere la certezza della pena, che è un‘esigenza fortemente avvertita dai cittadini, non occorrono nuove leggi; basta mettere fine agli indulti e non applicare la prescrizione ai processi già iniziati. Sulle indagini sulle stragi del 1992 e del 1993, José Trovato ha poste delle domande, ma Antonino Di Matteo ha mantenuto uno stretto riserbo. Di quelle stragi, ma non delle inchieste, ne ha parlato, invece Silvano Privitera da punto di vista storico. “C’è una sorprendente somiglianza delle stragi del 1992, in cui persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, del 1993 a Firenze e Roma con le altre stragi che hanno segnato momenti importanti della storia della Repubblica: la strage di Portella delle Ginestre del 1° maggio del 1947, dopo la vittoria del Blocco del Popolo alle elezioni per l’assemblea regionale siciliana, il piano Solo nei primi anni ’60 (il tentativo di colpo di Stato del gen. De Lorenzo) con l’ingresso dei Partito socialista italiano, la strategia della tensione con gli attentati del 12 dicembre 1969 alla Banca dell’agricoltura di Milano ed il rapimento e l’uccisone di Aldo Moro nella primavera del 1978”. Autonomia ed indipendenza della magistratura e de giornalisti sono dei pilastri di una società democratica”. Marina Ruccella, che insegna italiano negli istituti di istruzione superiore, intervenendo alla fine della manifestazione, ha voluto ricordare con tono molto accorati e convincenti che anche una scuola pubblica ben funzionante è un altro pilastro di una società democratica.