Ance: Appalti: tolti 6 miliardi alla Sicilia

Alla Sicilia sono stati tolti tutti i fondi strutturali già assegnati per nuove infrastrutture, pari a 6 miliardi di euro; non ci sono altre risorse per finanziare le 29 opere pubbliche già progettate e pronte da tempo per essere cantierate; i pagamenti per lavori eseguiti sono bloccati da anni per un ammontare di oltre 1 miliardo di euro; e solo nello scorso mese di novembre hanno chiuso centinaia di aziende e sono stati licenziati migliaia di dipendenti.
E’ la denuncia del Comitato di presidenza dell’Ance Sicilia che, nella conferenza stampa convocata d’urgenza oggi a Catania, ha tracciato un quadro drammatico della crisi del settore edile e ha notificato un “preavviso di sfiducia” alla classe politica, assieme ad un elenco di provvedimenti normativi ritenuti “urgenti e indispensabili per salvare il salvabile”. Erano presenti il presidente di Ance Sicilia, Salvo Ferlito; i vicepresidenti Giuseppe Di Giovanna e Santo Cutrone; Sergio Cassar, componente del Comitato di presidenza; Andrea Vecchio, presidente di Ance Catania; Enzo Pirrone, presidente di Ance Enna; Giuseppe Molè, presidente del Comitato regionale Giovani dell’Ance; Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia.
In base alla precedente ricognizione fatta da Ance nazionale, la Sicilia aveva a disposizione quasi 6,5 miliardi di euro sui programmi regionali Por 2007-2013 per realizzare 29 opere già progettate e cantierabili. Ma di recente il ministro degli Affari regionali, Raffaele Fitto, ha rimodulato queste risorse, assegnandone circa 4 miliardi al solo Ponte sullo Stretto (gli altri 2,5 miliardi sono andati a Regioni del Nord) e assegnando a quelle 29 opere 2,5 miliardi di fondi Fas che, di fatto, non sono ancora disponibili, e che comportano un cofinanziamento regionale di pari importo, somma di cui la Regione non dispone.
Il risultato è alla Sicilia sono rimaste concretamente solo quattro grandi infrastrutture (il Ponte sullo Stretto, la Caltanissetta-Porto Empedocle, la Palermo-Agrigento e la Siracusa-Catania), tutte in mano ai general contractor, operatori che non lasciano nulla al territorio e alle imprese locali.
A ciò si aggiunge che da anni sono bloccati pagamenti alle imprese per lavori già eseguiti, per un totale di oltre 1 miliardo di euro. Soldi che verranno a mancare – ad un settore già in coma – per tutta la metà del 2011, a causa del ricorso all’esercizio provvisorio da parte della Regione.
Di conseguenza, non ci sono più soldi per la quasi totalità del settore edile. Prova ne siano il calo costante dei bandi di gara pubblicati (-60% nel 2010,
-50% nel 2009 e nel 2008), la perdita di 30 mila posti di lavoro nell’ultimo biennio (di cui circa 20 mila solo quest’anno) e la chiusura di centinaia di imprese.
“Le aziende edili di fascia media sono tagliate fuori – ha commentato Salvo Ferlito, presidente regionale di Ance Sicilia – schiacciate fra le grandi imprese che, pur di lavorare, partecipano in massa anche a gare di piccolissimi importi (alcune iscritte per 6 milioni partecipano a gare da 120 mila euro) praticando ribassi impossibili fino al 53%, e la piccola impresa che sopravvive a stento col cottimo o con l’edilizia privata. Le risposte che aspettavamo da Regione e Ars non sono giunte. Oggi lanciamo alla classe politica l’ultimo avviso, dopo di che passeremo alla lotta dura”.
Lungo l’elenco delle richieste, che partono dalla necessità di affermare la legalità in un settore che proprio dalle difficoltà della crisi è reso più permeabile agli interessi criminali e alla pressione del racket delle estorsioni.
In tal senso Ance Sicilia chiede al governo regionale di fare applicare obbligatoriamente a tutti gli enti appaltanti il decreto “Milleproroghe” appena convertito in legge, laddove dà facoltà alle pubbliche amministrazioni di escludere in automatico dalle gare d’appalto le offerte anomale. “Questo fenomeno – spiega Ferlito – è stato creato proprio dal governo regionale e dall’Ars che, lo scorso agosto, hanno imposto un recepimento, tout court e non concordato con le parti sociali, della normativa nazionale che conteneva un micidiale sistema che ha permesso di praticare ribassi folli nella categoria di importi compresi fra 1 e 5 milioni di euro. Lo Stato ha rimediato al proprio errore, che la Regione faccia altrettanto e subito”.
Quanto alla riforma delle opere pubbliche, il tavolo tecnico istituito presso l’assessorato regionale alle Infrastrutture è fermo da un anno e Ance Sicilia ne sollecita l’immediata riattivazione, così come ritiene indispensabile l’urgente approvazione della riforma urbanistica.
“Il governo regionale – ha concluso Ferlito – deve anche avviare un confronto col governo nazionale per recuperare almeno una parte delle risorse prima destinate alle infrastrutture dell’Isola e per consentire anche alle imprese medio-piccole di partecipare al mercato delle opere pubbliche monopolizzato da general contractor e grandi imprese”.
Il vicepresidente Giuseppe Di Giovanna ha osservato che “non si può combattere l’illegalità senza impegnarsi ad approvare nuove norme e strumenti urbanistici capaci di creare un argine contro gli interessi criminali sullo sfruttamento del territorio. Chi vuole essere paladino della legalità ma non adotta queste misure, rischia di diventare un ‘’Lancillotto’’ dell’illegalità”.
Da parte sua, il presidente di Ance Catania, Andrea Vecchio, ha osservato che “il recente provvedimento del governo regionale, che stanzia 35 milioni di euro per premiare i dirigenti regionali, suona come una beffa nei confronti dei tanti siciliani che hanno perso il lavoro o che rischiano di perderlo a causa dell’inefficienza della pubblica amministrazione”. Vecchio, pertanto, invita il governo a ritirare il provvedimento e a valutare semmai la riforma e lo snellimento del sistema burocratico per legare le retribuzioni al merito e agli obiettivi raggiunti.
L’assessore regionale alle Infrastrutture, Pier Carmelo Russo, intervenendo telefonicamente alla conferenza stampa, rilevando che il sistema delle imprese non può attendere i tempi di approvazione di una legge, ha annunciato che con provvedimento amministrativo bloccherà subito il criterio di aggiudicazione al massimo ribasso e richiamerà le stazioni appaltanti al ricorso al criterio dell’offerta più vantaggiosa, impegnandosi a redigere comunque un disegno di legge di riforma del settore.
“Esistono due riferimenti – ha spiegato Russo – la deliberazione numero 65 del 2009 dell’Aurorità di vigilanza sui contratti delle pubbliche amministrazioni, secondo la quale il criterio del massimo ribasso non può essere applicato ad appalti con bando standardizzato; e la Provincia autonoma di Trento che, considerando il ribasso anomalo elemento di rischio di infiltrazione della criminalità organizzata, con delibera del 23 dicembre scorso ha vincolato tutte le pubbliche amministrazioni ad aggiudicare in via ordinaria gli appalti non col criterio del massimo ribasso, ma con quello dell’offerta più vantaggiosa”. L’assessore intende così rimediare prontamente ad un problema creato dalla legislazione vigente, e ha convocato Ance Sicilia, le altre organizzazioni imprenditoriali del settore, i sindacati, l’Anci, l’Urps per il prossimo 10 gennaio alle 10.
Da parte sua, il presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello, nell’apprezzare la sensibilità dell’assessore, ha comunque ribadito che “l’obiettivo principale deve restare l’ottenere l’approvazione di una legge che risolva radicalmente tutti i problemi. Non ci possiamo accontentare di provvedimenti tampone che non possono garantire soluzioni definitive”.


“L’allarme lanciato dai costruttori siciliani sull’eccessivo ribasso con il quale vengono aggiudicati gli appalti e’ assolutamente condivisibile. Risulta, comunque utile ricordare che la norma che stabilisce il ricorso al massimo ribasso non e’ figlia di una scelta regionale ma deriva da una procedura di infrazione avviata dall’Unione Europea che ci avrebbe esposto ad una dolorosa condanna”.
Lo dice l’assessore per le Infrastrutture e la mobilita’ Pier Carmelo Russo commentando l’allarme dell’ANCE Sicilia.
“Per affrontare insieme il problema – continua Russo – ho gia’ convocato un incontro per il prossimo 10 di gennaio. Nonostante le norme comunitarie e nazionali ci impongano procedure precise ritengo di avere individuato un percorso che possa permetterci di superare questa ‘empasse’, percorso che voglio seguire insieme agli stessi costruttori”.
“Il problema del massimo ribasso – rileva l’assessore – e’ un tema reale. Si tratta di uno degli elementi che favorisce le infiltrazioni della criminalita’ organizzata. Solo l’impresa che non opera in regime di concorrenza, infatti, puo’ permettersi percentuali di ribasso particolarmente elevate. In alternativa l’elevato ribasso espone la collettivita’ ad un altro rischio ovvero quello della lievitazione dei costi in sede di variante con conseguente possibile ritardo nell’esecuzione dell’opera o peggio di abbandono a meta’ del percorso per carenza di fondi”.
“Per risolvere il problema – propone l’assessore Russo – senza incorrere nelle sanzioni europee o nella scure del Commissario dello Stato o della Corte Costituzionale, che in varie occasioni si e’ pronunciata sulla materia, possiamo riflettere su esperienze gia’ sperimentate.
Esiste una norma adottata dalla provincia di Trento che ha superato il vaglio della Corte Costituzionale, secondo la quale per gli appalti di importo superiore a 2 milioni di euro si aggiudica, di regola, secondo l’offerta economicamente piu’ vantaggiosa e non secondo il massimo ribasso. In pratica il massimo ribasso va applicato solo agli appalti per lavori di ‘frequente esecuzione’ ovvero appalti di carattere ripetitivo mentre non si applica per i lavori che hanno particolari caratteristiche tecniche, livelli di variabilita’ o possibilita’ di imprevisti in fase di esecuzione, concetto questo ribadito anche per gli appalti di servizi da una recente sentenza del consiglio di stato emessa durante questo stesso mese di dicembre”.
“In attesa di un necessario intervento legislativo – conclude Pier Carmelo Russo – possiamo predisporre un atto di indirizzo che applichi, rapidamente e per via amministrativa, queste regole anche in Sicilia per poi trasformarle in un disegno di legge di riforma del settore”.
L’assessorato per le Infrastrutture, infine, rende noto che sono state completate, proprio in queste ore, le procedure per l’impiego di tutti i fondi utilizzabili in opere pubbliche in Sicilia al 31 dicembre 2010. Si tratta di interventi nel settore della viabilita’, dell’edilizia abitativa destinata alla realizzazione di alloggi a canone sostenibile, della valorizzazione degli assi monumentali e della riqualificazione urbana, cosi’ come annunciato durante l’incontro con le parti sociali del 30 novembre scorso.