SiciliaInformazioni: Crisafulli straccia ogni record, i suoi referendum anti-Lombardo superano i numeri di Lukhashenko, Gheddafi e Putin. Solo in Ghana, una volta…

C’è chi giura che a Palazzo Grazioli da ieri non si parli d’altro, tanto che Denis Verdini, il più sveglio, pur essendo in Toscana, avrebbe chiesto notizie dettagliate a Gasparri che se l’aspettava e gli ha fatto un resoconto esauriente sulla vicenda. Ignazio non ne sapeva niente? Lui è di Paternò, non di Enna, quindi è all’asciutto, avrebbe chiosato Maurizio, sorridendo. Musumeci, leader siciliano della Destra, invece, si sarebbe congratulato nientemeno che con il senatore Firrarello, sindaco di Bronte. Hai sbagliato senatore, gli hanno fatto notare, ma lui ha insistito, spiegando di stare facendo la cosa giusta. Voci, storielle, aneddoti, leggende, illazioni. Chiamatele come volete ma il day-after dei plebisciti ottenuto da Vladimiro Crisafulli in Sicilia sono sulla bocca di tutti e c’è un sacco di gente che s’inventa qualsiasi cosa per darsi delle arie e millantare informazioni che non ha.
Girano voci sul duplice sentimento – apprezzamento e dispetto – che aleggia attorno a Silvio Berlusconi. E le ragioni sono facili da intuire: per due anni e forse più i suoi emissari e seguaci permanenti di Sicilia hanno tentato di fare fuori Raffaele Lombardo o, quanto meno, di addomesticarlo senza riuscirci, invece Vladimiro Crisafulli in quattro e quattro otto gli sta facendo la festa. Ha messo sottosopra la Sicilia e sta cercando di cacciare il governatore a furor di popolo. Proprio così, chiamando in causa il popolo, con cui – com’è noto – il Premier ha un dialogo incessante.

Potrebbe essere ingaggiato questo Crisafulli? avrebbe chiesto. Dopo avere preso Cassano e restituito Ronaldinho aveva giurato di fermarsi, ma l’appetito vien mangiando, e non c’è solo il Milan da foraggiare. Naturalmente non sa con chi ha a che fare. Vladimiro non è il pugliese. Gli sarebbe stato riferito che non se ne parla nemmeno, Vladimiro è nato nel Pci, è un solista pragmatico, non cambia casacca. Il colore delle bandiere cambiano, ma rimane quello di  prima: sanguigno, terragno, indistruttibile. Padrone e signore della provincia di Enna e dintorni, piaccia o no ai suoi nemici interni e esterni (invero pochi).

Perché tanta attenzione e tanti apprezzamenti per il senatore ennese a Roma, Palermo e un poco ovunque? E’ sotto gli occhi di tutti: Vladimiro Crisafulli colleziona successi, uno dopo l’altro, sta mettendo in crisi il Pd siciliano e, in qualche misura, quello nazionale, perché è il promotore, insieme ad alleati insospettabili, di referendum locali nell’Isola, chiamati ad esprimere un giudizio, consenso o dissenso, sulla partecipazione dei democratici al governo regionale presieduto da Raffaele Lombardo. Una cosa mia vista, non prevista dalle regole del Pd e, soprattutto non autorizzata dai dirigenti, ma chi se ne importa. I referendum godono di grande visibilità, sono stati accolti dalle testate italiane più importanti e dai network di successo. Nell’ennese e, di recente a Caltagirone, le consultazioni hanno dimostrato senza ombra di dubbio che i simpatizzanti del Pd, chiamati a partecipare, non vogliono nemmeno sentire parlare di Raffaele Lombardo. Lo considerano un nemico giurato. La pensano allo stesso modo degli elettori del centrodestra, dagli amici di Cuffaro a quelli di Renato Schifani, il Presidente del Senato, e Angelino Alfano, il Ministro della giustizia.

I numeri hanno emesso un verdetto inequivocabile: 97,41 per cento di “no” a Caltagirone, la città di Scelba e di Don Luigi Sturzo, democristiana dalla testa ai piedi, più campanili che scuole e cinema messi insieme. Una storia lunga quanto quella dell’Italia e della Sicilia, cuore e testa del partito popolare e, della Democrazia Cristiana. Sono proprio i numeri che avrebbero impressionato Berlusconi.
I sondaggi, che pure l’hanno indicato come il Presidente più amato dagli italiani, non gli hanno regalato mai verdetti così gratificanti. Nemmeno i suoi amici, Lukhashenko, Gheddafi, Putin, sono riusciti a tanto.
 
Com’è potuto accadere che Vladimiro Crisafulli stia annientando Raffaele Lombardo, traditore del centrodestra? Quali strumenti, arti, abilità possiede il siciliano di Enna, che nessuno può uguagliare, da Ignazio La Russa a Renato Schifani, da Angelino Alfano a Stefania Prestigiacomo?

Di Gheddafi si sa poco, quanto a referendum, dato che si celebrano in incognito, ma nemmeno il Colonnello – si fa notare- giura di ottenere tanto. Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, dal canto suo,  ha superato l’80 per cento, restando lontano da Vladimiro di quasi venti punti percentuali. Un abisso. I dati di Putin non sono mai pervenuti, ma stando a ciò che lui ha raccontato a Berlusconi, ogni volta che c’è lui di mezzo, il consenso è pressoché unanime.

Il fatto che ottenere un plebiscito sia difficile da digerire è comprensibile, ma perché non prendere atto che sia possibile?

Nessuno vuole ammettere che Vladimiro possieda carisma e buone ragioni per ottenere questi risultati; se ne inventano di tutti i coloro, che il plebiscito calatino (e i risultati ottenuti in sei paesi dell’ennese: Aidone, Calascibetta, Catenanuova, Cerami, Leonforte, Troina e Villarosa) sia dovuto alle amicizie importanti del senatore democratico con il Pdl e, soprattutto, gli ex Udc di Totò Cuffaro, che in questa circostanza sono andate alle urne ballando di contentezza perché oltre che a fare un favore ad un vecchio amico potevano strapazzare il Pd siciliano e, insieme, mandare a quel Paese l’odiatissimo governatore.

Beppe Lupo, segretario regionale del Pd, ha fatto i suoi conti ed ha cercato di dimostrare che a votare non ci sono andati quelli delle primarie, o meglio, ci sono andati in parte, traendone il convincimento che, appunto, i promotori del referendum si siano fatti aiutare e quindi i risultati non possono essere ascritti al Partito democratico.

Si facesse anche lui l’esame di coscienza, visto che è un buon cattolico. Fare torto a Vladimiro è come prendersela con la madonna pellegrina. Il senatore era a Caltagirone il giorno del plebiscito contro Lombardo, ma si trovava lì per caso, di passaggio, giusto per assistere ad un evento di grande valenza democratica.
 
Conosciuti i risultati, è questo l’aspetto ancora oscuro, i telefoni del Pdl hanno subito un black-out. Dal Pd è arrivata una spiegazione sulla quale è lecito dubitare, che si sono intrecciate telefonate una dopo l’altra, suscitate dal bisogno di scambiarsi le congratulazioni. Era la prima volta, infatti, che il Pdl riusciva a organizzare una consultazione democratica, eppure per interposto partito.

Nel Pd siciliano è un gioco al massacro, sulla partecipazione al governo si è scatenata una guerra senza precedenti che rischia di annichilire il partito ma i protagonisti del conflitto non sembrano curarsi delle conseguenze. Muoia Sansone con tutti i filistei, dunque. Si vede che la posta in palio è grande quanto una casa e che c’è di tutto e di più dietro l’assalto alla dirigenza del PD. Beppe Lupo fa del suo meglio per resistere, non è un fulmine di guerra – e non vuole esserlo invero – ma dal promo giorno è stato impegnato in una costante azione di tamponamento delle falle. Ogni giorno una pena. Il suo ultimo atto, il commissariamento del segretario del Pd di Caltagirone che aveva deciso di svolgere un referendum sulla partecipazione al governo Lombardo, ha provocato reazioni spropositate nei protagonisti del dissenso. 

Ci sono dirigenti importanti del partito che partecipano al gioco al massacro, come Enzo Bianco, e deputati nazionale, come Giovanni Burtone, e regionali, come Giovanni Barbagallo. Vengono minacciati altri referendum  in altre città, come Palermo, chiamando in causa l’eurodeputato Rita Borsellino, che è stata eletta nelle liste del Pd ma non è iscritta al partito. Il rischio di una implosione è forte, ma la minoranza non intende cedere di un passo, anzi rilancia e annuncia una insurrezione. Contro chi? E’ proprio questo il punto. La partecipazione al governo Lombardo è stata votata ben quattro volte dalla direzione regionale ed approvata anche a stragrande maggioranza dal gruppo parlamentare. Quando gli organi di un partito, regolarmente eletti, assumono decisioni, giuste o sbagliate che siano, il dissenso interno è legittimo, ma in Sicilia sta avvenendo ben altro.

Si mettono in campo iniziative tendenti a modificare con una consultazione della base, le decisioni assunte. E’ in corso una campagna di stampa che delegittima il gruppo dirigente, offre una immagine negativa dei rappresentanti del Pd nel Parlamento regionale e nel governo. Di fatto la minoranza chiede il ritorno alle urne e la fine anticipata della legislatura. Non potrebbe essere altrimenti nel caso in cui il Pd ritirasse l’appoggio al governo. E’ proprio ciò che chiede il Pdl, Forza del Sud e il Pid, il centro destra, oltre che l’Idv ed il Sel, la sinistra, seppure per ragioni opposte. Il centrodestra vuole tornare al governo e crede di avere i consensi per tornarci, dal momento che è stato “disarcionato”; l’Idv e il Sel vogliono entrare in Assemblea, dal momento che alle ultime regionali non hanno superato la soglia di sbarramento. 

Le previsioni non offrono alcun riscontro alle aspettative dell’opposizione di sinistra, mentre ne offrono eccome al centrodestra. Il gruppo parlamentare del PD verrà fatalmente dimezzato, allo stato, con il ritorno alle urne. Un problema per i deputati in carica che non vedono di buon occhio, naturalmente, un nuovo scioglimento anticipato del Parlamento che dimezza il mandato e, per molti, potrebbe essere la fine dell’esperienza parlamentare.

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