25 Aprile: Giacomo Lisacchi scelse la via difficile dell’onore e del sacrificio per difendere l’Italia

Gli ultimi soldati del Re – Il sacrificio dei suoi figli migliori, degli ultimi soldati del Re, l’Italia il 25 aprile lo ha sempre ignorato. Nessuno ha mai voluto ricordare nel giorno della Festa della liberazione, come lo stesso giorno dell’8 settembre 1943 quando Badoglio fu costretto ad annunciare l’entrata in vigore dell’armistizio tra l’Italia e gli Alleati anglo-americani, firmato a Cassibile, ci fu l’eroica decisione di molti militari italiani di non arrendersi e di combattere i nazisti. E tutto ciò mentre il Re, dopo un drammatico consiglio della Corona, abbandonò Roma insieme a tutta la famiglia reale ed allo Stato Maggiore delle Forze Armate, lasciando i comandi militari privi di ordini. I fuggiaschi attraversarono la Tiburtina fino alla costa adriatica, si imbarcarono nella sera del 9 settembre del 1943 ad Ortona sulla corvetta “Baionetta”, facendo rotta verso Brindisi, dove giunsero nel pomeriggio del 10. La stessa sera, il generale Mario Roatta, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, che avrebbe dovuto fermarsi a Roma per provvedere alla difesa della capitale, emanò da Brindisi, a quel che rimaneva dell’esercito italiano, il tardivo ordine di opporsi ai tedeschi. Questi avvenimenti, ormai noti ed accertati, a quell’epoca non erano ovviamente conosciuti dai comandi militari periferici: ognuno agì quindi secondo la propria etica di uomo e di soldato. Questi fatti ci consentono, nella ricorrenza del 25 Aprile, di ricordare un valoroso soldato della nostra provincia, Giacomo Lisacchi, che scelse, assieme a tanti altri militari, la via difficile dell’onore e del sacrificio per difendere l’Italia da un nemico spietato. A Giacomo Lisacchi di Villapriolo, bersagliere dell’VIII° Reggimento ciclisti, venne conferita una medaglia d’argento al valor militare con la seguente motivazione: ‘In servizio O.P. fuori caserma a Rovereto, nella notte dell’8 al 9 settembre 1943, in seguito all’intimazione di resa e di cessioni delle armi da parte di un forte nucleo di soldati tedeschi armati di parabellum, reagiva prontamente con le armi, trovando eroica morte nella inadeguata lotta. Magnifico esempio di abnegazione, senso del dovere e sprezzo del pericolo.-Rovereto S.Ilario 8-9 Settembre 1943’. Eppure, il sacrificio di questo giovane eroe villapriolese, a tutt’oggi non ha trovato memoria nel comune di Villarosa. Non figura nemmeno nella lapide del monumento ai caduti in guerra. Le sue spoglie, rientrate per volere della famiglia nel 1962 da Rovereto, oggi riposano nel piccolo cimitero di Villapriolo dove visse con i genitori, una sorella e due fratelli anch’essi provati gravemente dalla guerra: Pietro perse entrambi gli occhi e Francesco fu gravemente ferito in una gamba”.

Ecco un frammento del discorso che il delegato del sindaco, Mario La Placa, fece nel giugno del 1962, quando l’intera comunità di Villapriolo accolse le spoglie del giovane Giacomo Lisacchi (nella foto).

“E’ un onore ed un privilegio per me oggi accogliere le mortali spoglie di un nostro fratello che ha sacrificato la sua giovane esistenza alla Patria, alla nostra Italia. Giacomo Lisacchi, infatti, trovava in combattimento morte tra l’8 e il 9 settembre 1943, ribellandosi e reagendo ad intimidazioni di resa, davanti ad un numero soverchiante di nemici. Il suo eroismo veniva meritatamente premiato con la medaglia d’argento alla memoria.

La guerra aveva sviluppato dalla sua natura mite, dolcissima e squisitamente sensibile, una tempra adamantina, un’operosità che non conosce riposo, una resistenza ai disagi e alla dura fatica, quali nessuno avrebbe mai immaginato.

S’era irrigidito e costretto in un’idea alla quale aveva fatta completa dedizione, in un sentimento, per il quale era pronto a tutte le rinunce, perchè voleva e volle essere il cavaliere forte e gentile della guerra.

Villapriolo, il tuo natio paese, Giacomo, oggi silenzioso e mesto accoglie il tuo ricordo, con devozione, religiosamente, memore ed orgoglioso di tanta sublime grandezza. Ti accoglie un’atmosfera greve, satura di pianto, di strazio indicibile, di sofferenze atroci.

Partisti, nel lontano 1943, molti ti ricordiamo, bello e baldanzoso, avvolto nel grigioverde e con sogni di gloria nel cuore. Ritorni a noi, oggi, avvolto nel tricolore, l’ideale tua veste e santificato all’immortale altare della patria.

Ridesti in noi tutti, un fraterno sentimento di amore che ci fa piangere sulle tue spoglie, lacrime d’amaro pianto. Col tuo nobile sangue, di caratteri indelebili, firmasti sulla negra arida terra il tuo martirio. Intrepido, orgoglioso, offristi sprezzante il giovane petto al nemico. Colpito a morte, ci pare ancora di sentire, il tuo grido di dolore e nel supremo alito di vita che inesorabilmente ti lasciava, invocare dolcemente il nome dei tuoi cari e fieramente quelle della tua, della nostra Italia.

Davanti a tanta vastità d’amore che ti spinse al sacrificio più santo, ci inchiniamo estremamenti commossi. Nel libero cielo di Dio, tra invitti fantasmi dei nostri gloriosi eserciti, il tuo spirito, aureolato di fede splende di viva e diamantina luce che servirà a ricordare a noi tutti ed in particolare modo, ai nostri giovani, quanto grande possa essere e come d’immensità possa vestirsi il destino di un uomo, di un soldato.

Dobbiamo sempre ricordare e tener certo che dovunque si combatte, si sanguina e si muore sono uomini, i quali distruggono per edificare nel mondo; che se da ogni goccia di sangue, in un primo momento, germina il pianto e l’angoscia, da tutto il sangue e da tutto il pianto germinerà poi un’umanità rinnovata, perchè avrà conosciuto compiutamente il dolore, la passione e la morte.

Per questo, il nostro Giacomo, ha combattuto, per un comune migliore avvenire, per la sua famiglia, per noi stessi, per la grandezza della Patria.

Difendere eroicamente, come ha fatto Lui, ogni sasso, ogni metro quadrato d’italico suolo, è un altissimo privilegio, una missione. I maestri della vita sono il pericolo e il dolore. Essi soltanto hanno la forza di vincere l’istinto e di dimostrare che l’egoismo e l’interesse sono piccole aride cose e che l’idealità muove il mondo.

Uno smisurato senso di altruismo, tipico degli eroi, spinse il nostro giovane, là, dove più la lotta infuriava. Combattendo e vincendo, soffrendo e morendo, lasciasti dietro di te, l’eredità di un esempio ch’è tutto un tesoro di energia.

La tua terra, Giacomo, conserverà amorevolmente le tue spoglie, nel luogo più silenzioso, più raccolto, più suggestivo del tuo paesetto; il cimitero, piccola dimora che perpetuerà in eterno il tuo ricordo, all’ombra secolare del tempo.

Ai tuoi genitori che tanto ebbero a soffrire nella passata e immane tragedia, ai tuoi fratelli Pietro e Francesco, provati gravemente dalla guerra, a te eroico nostro amico, i nostri ricordi più belli con materna benedizione della nostra Italia.

A te Giacomo, nostro fratello più degno un ideale sentito abbraccio e che la nostra commozione, il nostro pianto, ti raggiungano lassù, nella vetta a Dio più vicina”.