Raffaele Lombardo: Fuga di notizie ad orologeria

Fuga di notizie ad orologeria. Questo il commento del Presidente della Regione on.Raffaele Lombardo, a seguito di quanto trapelato sulle indagini che lo riguardano, e continua: “Prendo atto che con cronometrica puntualità il giorno delle amministrative in Sicilia e dei ballottaggi nazionali, grazie alla consueta fuga di notizie in violazione del segreto istruttorio, si fa sapere all’opinione pubblica l’ipotetica esistenza di un atto interno, di nessuna rilevanza procedurale, allo scopo di creare un artificioso clima di pressione sull’opinione pubblica e sulla necessaria serenità che caratterizza il lavoro della magistratura.
Lo scorso 20 aprile, quando sono riuscito a venire in possesso degli atti del procedimento IBLIS, ho conferito un articolato incarico di consulenza difensiva al dr. Gioacchino Genchi ed al suo staff.
Il dr. Genchi ha già ultimato l’informatizzazione degli atti del procedimento ed ha iniziato l’estrapolazione di elementi che in modo oggettivo ed incontrovertibile dimostrano la mia assoluta estraneità ai fatti che mi vengono contestati.
Penso di non dovere aggiungere nulla sulla professionalità del dr. Genchi, di cui si è pure servita anche di recente la magistratura di Catania: dal processo per la costruzione del nuovo ospedale Garibaldi di Nesima ad un processo di mafia conclusosi con sentenza di condanna emessa qualche settimana fa dal tribunale di Catania.
Ho seguito il lavoro da lui svolto in queste settimane condividendo la sua metodologia, l’obiettività e il rigore logico e scientifico con cui procede nelle analisi ed accompagna le conclusioni”.


Di seguito la nota di Gioacchino Genchi

Ho accettato l’incarico di consulenza difensiva dell’On. Lombardo, nel procedimento IBLIS che lo vede indagato alla Procura di Catania. Non conoscevo l’On. Lombardo.
Sono note, per il resto, le mie posizioni e tutti sanno che non mi identifico per nulla nel “presente” politico dell’On. Lombardo (nonostante la benedizione del PD) e ancora meno nel suo “passato”.
L’unica cosa di cui sono certo – specie dopo avere analizzato l’intero fascicolo processuale – è l’assoluta estraneità dell’On. Lombardo ai fatti che gli vengono contestati.
C’è una tempistica nelle accuse raccolte contro Lombardo che già da sola induce non poche riflessioni.
E’ da novembre 2009 che si raccolgono “prove “ contro di lui grattando il fondo del barile, ripescando fatti e circostanze che la stessa Procura di Catania aveva già ritenuto non vere.
Per il resto le accuse del ROS abbracciano un periodo di oltre 10 anni ed incrociano vicende che conosco molto bene.
Nelle informative vengono più volte indicate in modo errato le cariche istituzionali ed elettive ricoperte nel tempo dall’On. Lomabrdo, grazie alle quali egli avrebbe favorito la mafia.
Viene fatto passare per deputato regionale, ad esempio, in un’epoca in cui l’On. Lombardo era parlamentare europeo.
Per il resto la destrutturazione degli elementi di accusa mi ha già consentito di estrapolare fatti che in modo oggettivo ed incontrovertibile dimostrano l’assoluta infondatezza delle accuse del ROS e di taluni aspiranti mafiosi, già accreditati come tali negli atti di indagine, al solo fine di provare che anche Lombardo è mafioso.
Sono già in condizione di provare, ad esempio, che la notte precedente alle elezioni europee del 12 giugno 2004, quando Lombardo sarebbe andato a trovare a casa un presunto mafioso (già sottoposto alla sorveglianza speciale di Pubblica Sicurezza) per ottenere il suo appoggio elettorale, l’On. Lombardo si trovava in tutt’altra località della Sicilia. Non posso dimostrare se e quante sigarette abbia mangiato quella notte. Ma sono certo di potere dimostrare che le accuse del ROS sono del tutto infondate.
Dall’alba all’apertura dei seggi, senza nemmeno dormire, quel mafioso sarebbe riuscito a fare avere a Lombardo i circa 100 mila voti che ha riportato in quella competizione elettorale, che nemmeno gli consentirono di venire eletto.
L’informatizzazione del fascicolo del procedimento IBLIS L’urgenza e la delicatezza dell’incarico ci hanno imposto dei ritmi serrati.
Abbiamo digitalizzato e informatizzato, in modo analitico-relazionale, i 133 fascicoli del procedimento, suddivisi in 77 “Faldoni”, più i numerosi “Faldoni bis” e i fascicoli personali, con le posizioni giuridiche dei 56 indagati.
Abbiamo trattato, scomposto e analizzato un totale di 82.301 pagine fisiche, cui si aggiungono i dati delle intercettazioni, le localizzazioni GSP, i tabulati ecc., registrati in decine e decine di supporti CD-ROM e DVD.
Le tecniche della destrutturazione, indicizzazione e analisi cronologico-relazionale degli eventi sono le stesse di quelle che ho iniziato ad utilizzare nel lontano 1988, dopo le prime collaborazioni con il dr. Giovanni Falcone.
Il certificato del casellario giudiziale del dr. Giovanni Barbagallo Proprio agli atti del fascicolo personale del dr. Giovanni Barbagallo – il noto geologo di cui tanto si è scritto in questi mesi – ho rinvenuto il suo certificato del casellario giudiziale.
Quando si concludono le indagini, prima dell’avviso agli indagati e alle persone offese, il pubblico ministero richiede il rilascio del certificato aggiornato del casellario giudiziale di tutti gli indagati del procedimento.
La richiesta del certificato del “casellario” formulata dal pubblico ministero, o da altro organo giudiziario, è diversa da quella avanzata dai privati.
Infatti, nel “certificato del casellario giudiziale spedito a richiesta di privati”, possono non comparire alcuni precedenti, quali la condanna ad una pena detentiva non superiore a due anni, per la quale può essere concesso, il beneficio della non mensione della condanna.
La concessione del beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, però, non rileva ai fini delle certificazioni rilasciate per ragioni di diritto elettorale e per le certificazioni rilasciate a richiesta dell’autorità giudiziaria.
Infatti, in caso di recidiva, ove il certificato del casellario giudiziale non contenesse gli estremi delle precedenti condanne, si rischierebbe di applicare all’infinito il medesimo beneficio ad un imputato condannato, che risulterebbe sempre “incensurato”.
L’annotazione di tutte le condanne nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’autorità giudiziaria si rende quindi necessaria anche ai fini della revoca della non menzione della condanna precedente, se il condannato, successivamente all’applicazione del beneficio, commette un delitto (co. 3, art. 175 c.p.).
Le annotazioni nel casellario giudiziale, inoltre, sono funzionali all’applicazione delle recidiva, o al riconoscimento di benefici e di altri effetti conseguenti alla eventuale condanna dell’imputato.
La premessa che ho svolto vale a significarLe che agli atti del fascicolo procedimentale è certificata dal Ministero della Giustizia l’assoluta incensuratezza, fino alle 10:22 del 12 marzo 2010, del signor Giovanni Barbagallo, nato a Catania il 4 giugno 1949.
In evasione della richiesta del Pubblico ministero, infatti, è attestato nel certificato allegato che, a suo nome, “Nella Banca dati del Casellario giudiziale risulta: NULLA”.
Solo l’On. Raffaele Lombardo – che a differenza di altri politici che non compaiono nelle indagini del ROS ha interrotto i rapporti telefonici con il geologo Barbagallo già nel giugno del 2004, avrebbe dovuto sapere quello che nemmeno ad oggi è dimostrato a suo carico.
L’arsenale del geologo Barbagallo detenuto legalmente e il porto d’armi che il ROS dimentica di citare Dalla destrutturazione degli elementi rilevati nel fascicolo del procedimento IBLIS, alle pagine 69.547 e 69.548 di 82.301, ho rinvenuto il “Verbale di sequestro amministrativo” redatto dal ROS nei confronti del dr. Giovanni Barbagallo alle 5:00 del 3 novembre 2010, all’atto dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere del GIP di Catania, nella famoso operazione IBLIS.
Quando i Carabinieri del ROS sono andati ad arrestare Barbagallo, infatti, all’atto della perquisizione, risulta che hanno rinvenuto 7 fucili e 1.677 cartucce di diverso calibro.
L’arsenale del Barbagallo, però, non era affatto detenuto illecitamente.
Da tempo immemorabile Barbagallo era stato titolare di licenza di porto d’armi, anche per difesa personale e per le stesse finalità era ancora legittimamente autorizzato dal Questore di Catania alla detenzione delle armi e delle munizioni nella sua abitazione.
Non a caso i ROS hanno eseguito solo il “sequestro amministrativo”
delle armi per ragioni cautelari, che hanno affidato in consegna al comandante della Stazione dei Carabinieri di Aci Castello, fino a quando Barbagallo non avrà chiarito la sua posizione, o non avrà deciso a chi cedere il suo arsenale che, per com’è ovvio, non gli è stato concesso di portare con sé, in carcere.
Se per le armi (i 7 fucili) era tutto regolare, la stessa cosa non può dirsi per le 1.677 munizione.
Un po’ troppo secondo la legge, che limita la detenzione senza preventiva denuncia ad un numero assai minore.
Non a caso i ROS danno correttamente atto nel verbale che, “superando il limite massimo consentito dalla vigente normativa, verranno poste sotto sequestro con verbale a parte”.
Del verbale del “sequestro penale” delle munizioni, però, non vi è traccia agli atti del procedimento osteso alle parti, come non vi è traccia fra i capi di imputazione della contestazione del reato in materia di munizioni al Barbagallo.
Proprio stano, visto che l’unico reato commesso dal Barbagallo, per il quale non occorrevano altri accertamenti e poteva essere processato anche per direttissima, era quello in materia di munizioni.
Ma non finisce qua.
A ben leggere il verbale i ROS nulla dicono della licenza di detenzione delle armi (i 7 fucili) del Barbagallo e del regolare porto d’armi che ha avuto rilasciato ed annualmente rinnovato da tempo immemorabile, anche per difesa personale.
Per evitare di farne menzione lo identificano nel verbale con la sua carta d’identità, così, con quella, si nascondono le manchevolezze di chi già da tempo – polizia, carabinieri, e gli stessi ROS che hanno condotto le indagini – avrebbe dovuto revocargli il porto d’armi e la licenza di detenzione delle armi e delle munizioni e non lo ha fatto.
Nulla di grave però, visto che solo l’On. Lombardo avrebbe dovuto sapere e prevedere che Barbagallo era un mafioso.