85° dalla trasformazione di Castrogiovanni in Enna capoluogo della provincia omonima

Se fosse un umano femmina avrebbe già superato la media di sopravivenza di ben tre anni. Come entità socio politica potrebbe vivere usque ad finem mundi. Quale entità amministrativa dello Stato, così come fu creata può essere cancellata e finire i suoi giorni non certo in bellezza. E’ il caso di dire “sic transit gloria mundi”!
Erano le 4 della sera di un tardo autunno freddo e nebbioso del 1926 quando a palazzo di città della vecchia deliziosa quieta ed operosa Castrogiovanni, provincia di Caltanissetta, giunse da Roma un telegramma recapitato dall’unico fattorino che allora avevano le Regie Poste scritto, come si usava, dalla mano del telegrafista che lo aveva appena ricevuto, con il sistema Morse. La firma era ben nota ed a lettere maiuscole, il firmatario Mussolini, il testo scarno autorevole deciso: ”oggi su mia proposta il Consiglio dei Ministri ha elevato codesto Comune alla dignità di Capoluogo di Provincia”.
Nel leggerlo il Cav. Alberto Fontanazza Vice segretario del Comune, uomo simpatico e pragmatico rise e si disse “a qualcuno ci spercia”. Telefonò all’ufficio postale per rispondere in tono adeguato allo scherzo fatto. Ma quando il telegrafista con voce molto seria gli disse ”Cavaliere il telegramma è vero” questi dettò,f orse per la prima volta in vita sua, un testo indirizzato alla Presidenza del Consiglio a Roma chiedendo conferma di quanto ricevuto adducendo come scusa per la strana richiesta motivi tecnici che non rendevano chiare alcune parole. Avutone conferma a tambur battente, rischiò, lui uomo sanguigno ma buontempone, un colpo!
Era il 6 Dicembre, lunedì ed il sole calava, lento, dietro le Madonie. Era nata l’ottava provincia siciliana l’unica, nell’isola accarezzata da ben tre mari, senza sbocco su alcuno di essi. Finimondo!
Eccitazione da festa della Madonna (e ringraziamento immediato con Te Deum in Cattedrale), banda cittadina preparata solo per le novena dell’Immacolata e per Santa Lucia, tirata immediatamente in piazza a suonare l’inno reale seguito da “giovinezza, primavera di bellezza” (inno ufficiale del PNF). Accadeva in quelle stesse ora qualcosa di assolutamente simile in un’altra città siciliana: Ragusa. In quelle ore due persone raggiunsero il massimo della commozione e dell’orgoglio: Gino Grimaldi a Castrogiovanni, Filippo Pennavaria a Ragusa. Il primo intimo amico di Italo Balbo con il quale aveva condiviso la stagione calda di Ferrara e poi Marcia su Roma nell’ottobre ‘922. Il secondo, parlamentare dei nazionalisti di Federzoni passato al PNF ed allora sottosegretario alle Comunicazioni. I due, buoni amici, condussero una lobbing estremamente riservata ed efficiente facendo leva su quello che all’epoca era il rapporto tra Stato e Chiesa che avevano già, in sordina iniziato il lavoro diplomatico che doveva portare al Concordato dell’11 febbraio 1929. Vi era allora in atto il pressing che gli Sturzo (Luigi Fondatore del PPI e Mario,vescovo di Piazza, facevano a ché Ragusa fosse elevata a dignità di sede Diocesana e Piazza a quella di capoluogo (ma in alternativa Caltagirone ove i gli Sturzo erano nati). Non godevano molte simpatie nella capitale sia per ragioni diverse. Quanto avvenne volle anche dimostrare che lo Stato aveva le mani libero e non rispondeva ad alcuno. Di fatto: Ragusa divenne Diocesi solo nel 1950 ed Enna, ad onta di quanto scritto nel trattato del Concordato (coincidenza dei capoluoghi di provincia con le sedi diocesane) mai è divenuta diocesi! Fu si direbbe oggi una vittoria della politica che nel bene o nel male deve essere libera di decidere Castrogiovanni continuò a chiamarsi tale fino al 27 Ottobre 1927 allorquando il Governo, con RD 2050, accogliendo le reiterate”suppliche” del Podestà Enrico Anzalone” la ridette il nome Enna, così come era stata conosciuta nell’antica Roma.
Dice Sciascia che ad influenzare il Governo di allora in favore di Enna fu il retaggio di Euno e di Diodoro Siculo oltre all’epicentricità della sua locazione sugli Erei. Così come è possibile che il non avere applicato il concordato sia ancor oggi lunga coda del poco conto che lo Stato diede ad un illustre prelato e fratello, illustre per motivi politici, ma di opposizione. De re contenda, tutt’ora.
Ma ormai, forse, è tutto finito: e l’odio degli scontenti, e la gioia dei premiati. Il Governo Monti che intende salvare l’Italia (God bless !) entro il prossimo anno 2012 scheletrizza le provincie (10 consiglieri e solo potere di indirizzo e coordinamento!) e si appresta a presentare un disegno di legge costituzionale per l’abolizione di esse, tutte dalle Alpi a Capo Lilibeo. Accadrà prima o dopo. Ma ove accada gli ennesi potranno dire: mal comune, mezzo gaudio. E poi se quel benedetto(è il caso di dirlo!) telegramma non fosse arrivato non avremmo avuto nel borgo tante cose buone che rimarranno. Mentre ahimè non ritorneranno più le vecchie buone cose che il sacco della Enna medievale ha portato via per la insipienza di quanti (alcuni) “sindaco” e non più “podestà” non hanno ostacolato (eufemismo) dal 1943 ad oggi.
Lunga vita Enna! Finchè Stato vorrà!

Pino Grimaldi