Enna. Rifiuti: L’on. Termine non ha commesso nessun reato è quanto sostengono i suoi legali

Enna. Erano stati chiamati da tutti i sindaci della provincia a far parte del Cda di EnnaEuno “per aiutare la società che si occupa dei rifiuti ad essere risanata e riconsegnata alle amministrazioni comunali in capacità ed efficienza”. Invece il sen. Crisafulli, l’on. Grimaldi, i deputati regionali Galvagno e Termine e l’ex deputato del PD Tumino sono incappati nella bufera giudiziaria per falso in bilancio. Come si ricorderà, nel 2006, l’unico deputato ennese che non accettò di far parte del Cda di Enna Euno fu l’on. Edoardo Leanza del Pdl. A non voler accettare era anche l’on. Termine, ma fu convinto dopo qualche mese ad entrarci, per non creare tensioni all’interno del Pd, considerato che l’on. Tumino minacciava le dimissione qualora Termine si fosse tirato fuori. I parlamentari qualche anno fa subirono perfino il sequestro preventivo di conti correnti e beni immobili. “Personalmente non avevo motivo di temere qualcosa -ci dichiarò tempo fa Termine- perchè sono del tutto estraneo ai fatti che mi vengono addebitati”. Intanto, il deputato regionale ha cercato di chiarire la sua posizione presentando una memoria difensiva alla Procura della Repubblica, tramite i suoi difensori di fiducia, Fulvio Licari e Patrizia Di Mattia. Nella memoria si legge che “Termine accetta la designazione a consigliere di amministrazione in data 10 luglio 2006 e in tale veste partecipa per la prima volta ad una seduta di Cda il 31 luglio 2006, quando tutti i passaggi sociali finalizzati all’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2005 (ritenuto non reale dalla Guardia di Finanza) e all’aumento del capitale sociale (operazione che consentiva di accedere al Fondo di rotazione della Regione) sono consumati senza che nessuno abbia mai visto la sua partecipazione; egli non ha mai fornito alcun apporto volitivo nella formazione delle determinazioni degli organi sociali (consiglio di amministrazione e assemblea dei soci)” adottate nella seduta di Cda del 7 luglio 2006. Secondo l’ipotesi accusatoria, al Termine sarebbe ascrivibile la responsabilità degli illeciti contestati solo perché “partecipava alla riunione del Cda in data 31 luglio 2006”, nella quale si approvava il verbale della riunione del 7 luglio 2006. A questo proposito, i difensori di Termine fanno una premessa “di ciò che costituisce ‘approvazione del verbale della seduta precedente’ nell’ambito del funzionamento degli organi collegiali”. “È noto –scrivono- che il funzionamento di un organo collegiale (quale è il Cda di una società per azioni) impone che ne sia documentata l’attività attraverso la formazione di un processo verbale, da cui consti fedelmente quanto è avvenuto nel corso dello svolgimento della relativa seduta. La formazione del processo verbale può essere contestuale ovvero avvenire in via successiva sulla base delle annotazioni approntate in tempo reale dal segretario verbalizzante. Qualora si verifichi tale seconda evenienza, ecco che nella seduta successiva si rende necessaria la ‘approvazione del verbale della seduta precedente’ per consentire (solo) a coloro i quali a quest’ultima parteciparono di verificare che quanto documentato dal relativo processo verbale sia la ricostruzione fedele di quello che avvenne nell’occasione”. E “poiché il Termine –sono le conclusioni dei due legali- non ha partecipato alla seduta di Cda del 7 luglio 2006, ‘approva’ il verbale, ma non aveva il potere di verifica e ratifica della fedele rispondenza di quanto avvenuto precedentemente con quanto documentato. Per cui, Termine non ha commesso nessun reato”.

Giacomo Lisacchi