Progetto di mediazione culturale da Asp Catania e Associazione Penelope

Due sportelli di orientamento, informazione e consulenza in favore dei migranti in difficoltà; un servizio di mediazione a chiamata; attività di interpretariato e traduzione di materiale sul funzionamento dei sistemi sanitari con stampa e diffusione di una guida dedicata; un servizio di accompagnamento per l’utente straniero; attività di sensibilizzazione territoriale attraverso seminari tematici: sono queste le azioni realizzate dall’Asp Catania – Servizio Sociale – e dall’Associazione Penelope, grazie al progetto “The Edge”, attivato due anni fa con i fondi del bando “Perequazione per la progettazione sociale Regione Sicilia”.
I risultati sono stati presentati questa mattina presso il centro Agorà, a conclusione di un percorso che ha visto a lavoro operatori sociali e personale medico: «Il progetto ha attivato un insieme di iniziative volte all’integrazione e mediazione culturale a favore della popolazione migrante, con un’attenzione particolare alle donne e ai nuclei familiari – spiega Loredana Sucato, responsabile Servizio Sociale Asp, presente questa mattina con la responsabile del progetto Concetta Restuccia e la mediatrice culturale Andrea Pujades Suarez – nell’ambito delle attività dell’ufficio orientamento previsto da “The Edge”, nell’arco di 24 mesi abbiamo registrato ben 766 contatti, e quasi il 70% di questi hanno riguardato effettive prese in carico della situazione di disagio con interventi di supporto nella realizzazione dei percorsi di autonomia (ricerca casa, ricerca lavoro). Tra le finalità principali, quella di avvicinare la popolazione straniera ai consultori territoriali, che difficilmente vengono approcciati in maniera autonoma».
«La collaborazione tra gli assistenti sociali e medici coinvolti nel progetto – sottolinea il Commissario Straordinario Asp Gaetano Sirna – è stata finalizzata ad integrare la visione sanitaria del diritto alla salute con una prospettiva culturale, così da far emergere ulteriori elementi di conoscenza – dalla provenienza degli stranieri all’esperienza migratoria – che hanno agevolato gli operatori nella lettura dei bisogni. E da tale orientamento, l’offerta dei servizi si è poi ampliata con incontri di gruppo su temi quali la prevenzione oncologica, la menopausa, la preparazione al parto in un’atmosfera interculturale che ha agevolato uno scambio di esperienze, visioni, tradizioni».
Il ruolo di “facilitatore”, svolto dagli operatori, va collocato all’interno di un obiettivo di autonomia e integrazione da parte dei migranti che gradualmente apprendono, si orientano e si attivano, a loro volta, come facilitatori verso la loro comunità di riferimento. Il progetto ha attivato un processo educativo, valido per tutti i cittadini, che spesso ricorrono ai servizi d’emergenza perché non conoscono i servizi di base e la mission di ciascuno di essi e sono più orientati a gestire la malattia piuttosto che la salute.

Il ruolo e l’attività dei servizi socio-sanitari sono spesso oggetto di luoghi comuni molto lontani dalla realtà di una sanità che, invece, negli anni ha fatto proprio il concetto multidimensionale di “salute”, moltiplicando le iniziative a tutela dei cittadini e a garanzia della qualità della prestazione, accompagnando gli utenti a “prendersi cura” e contribuendo in maniera decisiva al processo di empowerment.