Processo d’appello a Caltanissetta a “Cosa Nostra” operante a Pietraperzia
Enna-Cronaca - 16/12/2012
Requisitoria della Procura Generale, dopo le deposizioni dei pentiti di Gela Crocifisso Smorta e Massimo Billizzi nel processo d’appello Triskelion. Il processo potrebbe chiudersi giovedì, salvo che vi siano rinvii o ulteriori udienze, e vede otto persone alla sbarra, perché condannate in primo grado con pene da un anno e sei mesi a 14 anni con accuse a vario titolo di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione e intestazione fittizia di beni. La Corte d’appello di Caltanissetta, presieduta dal giudice Salvatore Cardinale, dovrà rispondere a diversi interrogativi di una certa importanza a cominciare a chiarire se veramente una parte della famiglia Cosa Nostra ennese, che operava a Pietraperzia, si sarebbe trasferita in ¬Lombardia, portandovi l’organizzazione e il metodo mafioso di una delle cosche più antiche e storicamente agguerrite della Sicilia. In primo grado le pene più severe sono state inflitte dal gup Lirio Conti con il rito abbreviato ai due che l’accusa ritiene i capi dell’organizzazione, ovvero Giovanni Monachino di Pietraperzia e Calogero Ferruggia, pietrino trapiantato nel nilanese. I due sono difesi entrambi dall’avvocato Antonio Impellizzeri. In primo grado furono condannati 9 anni ciascuno a Vincenzo Monachino, Angelo Cacici e Felice Cannata, 6 anni a Giovanni Meo, 4 anni a Francesco Viola; 1 anno e 6 mesi per intestazione fittizia di beni a Filippo Argento, assolto dal reato di associazione mafiosa. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Francesco Occhipinti, Angelo Tambè, Giovanni Palermo, Pietro Gorgoglione, Danilo Tipo e Gaetana Palermo.