Settimana Santa Enna: Venerdì Santo

enna settimana santaNel primo pomeriggio del Venerdì Santo, in duomo si legge e si medita il Passio Domini, un lungo e particolareggiato passo del Vangelo suddiviso in sette parti. Questa è la nota funzione che prende nome di rito delle tenebre. Dopo, i canonici della Collegiata Chiesa Madre sfilano scalzi, lungo la navata centrale, indossando la lunga cappa color viola, col cappuccio e la coda che striscia per terra, e l’ermellino bianco sulle spalle, soffermandosi tre volte e genuflettendosi, rievocando così le tre cadute di Gesù prima di arrivare sul Calvario. Giunti all’altare maggiore, adorano il Crocifisso, che sino al giorno precedente era rimasto velato. Un tempo venivano sistemate, lungo la navata centrale, numerose sedie l’una sull’altra, e poi, ad un segnale convenuto, fatte cadere per simulare il boato del terremoto.
Alle 17 una banda musicale va a rilevare, dalla chiesa di S. Leonardo, la Compagnia della Passione e, man mano al suo passaggio, tutte le altre confraternite, eccetto quelle del SS. Salvatore, dell’Addolorata e di Maria SS. della Visitazione. La processione giunge alla chiesetta dell’Addolorata dove tutti i confrati, entrando per il portone che da sulla via S. Girolamo, compiono un atto d’omaggio alla Vergine Addolorata, che è già sulla vara (come viene chiamato in dialetto il fercolo sul quale viene collocata la statua). La Confraternita dell’Addolorata è l’ultima a disporsi ed è quella che chiude il lungo corteo. Il momento culminante: la vara, sormontata dalla cupoletta di velluto viola, si affaccia sotto l’arco del portico della chiesa, mettendo in mostra ogni particolare del ricco fercolo che richiama alla memoria quello della “Macarena” di Siviglia, mentre la banda intona contemporaneamente una delle marce.

venerd3La statua della Vergine Addolorata appare col capo leggermente reclinato a sinistra e il volto atteggiato ad un’espressione di angoscia e di dolore. Questa statua della Vergine Addolorata rivela chiaramente i propri sentimenti attraverso l’espressione angosciosa del volto il capo leggermente reclinato a sinistra; le mani non sono giunte, come nelle statue tradizionali della Madonna, ma aperte, l’una, la destra, come a volere trattenere il cuore trafitto dal dolore, la sinistra, invece, protesa in avanti, in direzione del volto, nell’atto di stringere il fazzoletto usato per asciugare le lacrime. Le occhiaie sono incavate dal pianto, le pupille puntano verso l’alto, lo sguardo non è ne accigliato ne assorto, ma pieno di sofferenza, quasi assente. Le gambe non sono rigide, ma accennano leggermente a piegarsi, mentre la bocca semiaperta sembra volere smorzare un gemito di dolore. Il busto della statua è interamente ricoperto di ex voto, mentre al collo c’è uno splendido collare d’argento con dentro una preziosa reliquia.
Il fercolo percorre l’intero mercato S. Antonio, le cui botteghe sono tutte illuminate. Non è difficile intravedere persone che piangono al passaggio della Madonna, ravvivata a tratti dalle ultime luci del pomeriggio. Superato il santuario di S. Giuseppe, il fercolo appare con maggiore realismo, portato a spalla dai confrati con un passo tipicamente ondulatorio che fa ondeggiare l’ampio manto di velluto nero che avvolge la Madonna, nonché le merlature e le lampadinette della nicchia.
VenSan1In duomo c’è l’urna del Cristo morto che i confrati del SS. Salvatore hanno precedentemente portato dalla loro chiesetta percorrendo la via Salvatore, via Portosalvo, via Tre Palazzi, scendendo per via Roma. L’urna è un monumentale lavoro di raffinata e pregiata ebanisteria. E’ di legno massiccio, finemente scolpito e laminato in oro zecchino. Agli angoli, quattro angeli con le grandi ali spiegate vegliano il corpo di Gesù composto all’interno e visibile attraverso i vetri che lo racchiudono. Il corpo del Cristo è naturalmente adagiato su un materassino di raso e sul cuscino posa delicatamente il capo insanguinato dalla rude corona di spine; i capelli e la barba incolti, gli occhi e la bocca lievemente socchiusi. Le braccia sono distese con le palme delle mani aperte e poggianti sul dorso. Il perizoma bianco avvolge la parte mediana del corpo, con le gambe non rigide ma leggermente piegate. La parte superiore dell’urna è chiusa da vetri triangolari che formano una base dalla forma estremamente originale, sormontata da quattro semiarchi ben intagliati che convergono al centro dove c’è un artistico fregio su cui s’innalza una croce.
venerd77Prima di questa urna, che risale al 1935, ne esisteva una molto più piccola e leggera. Era portata nelle processioni del Venerdì Santo da quattro confrati del SS. Salvatore, vestiti da ebrei, chiamati in dialetto ]udii, che erano di aspetto veramente terrificante. Essi rappresentavano Giuseppe d’Arimatea che indossava una lunga veste viola e su di essa c’era un mantello nero, mentre sul capo portava un turbante; Nicodemo, vestito con gli stessi abiti di Giuseppe d’Arimatea e che portava una fluente barba; S. Giovanni, con un camice bianco, una stola a tracolla e un mantello nero. La barba e i capelli erano biondi e su di essi c’era un diadema. La Maddalena, infine, vestita di nero con le trecce brune e scomposte.
Le varie confraternite si sono intanto disposte fuori dalla Chiesa Madre secondo l’ordine delle precedenze. La prima è la Compagnia della Passione che con i “Misteri” apre la processione, preceduta da una banda musicale e dal coro dei ‘mbriachi (ubriachi) che cantano i lamintanzi, che rievocano la passione di Gesù. Seguono poi, in ordine di fondazione più recente, la Confraternita del SS. Crocifisso di Pergusa, il Collegio di Valverde, la Compagnia del SS. Sacramento, la Confraternita di Maria SS. delle Grazie, il Collegio di S. Giuseppe, la Compagnia del Rosario, la Confraternita di Maria SS. Addolorata, la Confraternita di Maria SS. della Visitazione, la Confraternita del Sacro Cuore, la Confraternita dello Spirito Santo, la Compagnia di Maria SS. Immacolata, l’Arciconfraternita delle Anime Sante del Purgatorio, la Confraternita di Maria SS. la Donna Nuova e infine la Confraternita del SS. Salvatore.
Numerose divergenze sono sorte nei decenni scorsi sull’ordine delle precedenze. Una vertenza sorta tra le Confraternite di Maria SS. Addolorata e della Donna Nuova fu addirittura risolta dalla Congregazione dei Riti che nel 1941 decretò ai confrati dell’Addolorata la legittimità di precedere il loro fercolo nella breve processione che parte dalla chiesa del Mercato S. Antonio per giungere in Duomo. I confrati della Donna Nuova sostenevano invece che spettava a loro questo privilegio in quanto la loro Confraternita era la più antica tra quelle che accompagnano in Duomo il fercolo dell’Addolorata.
enna-sett_santa-5Alla processione del Venerdì Santo partecipa anche il clero al completo mentre, sotto il baldacchino, viene portata la Croce reliquiario che, secondo la tradizione, contiene al centro, in una casella di vetro, un pezzetto della croce e della spina della corona di Gesù. Questa croce è in argento ed è un pregevole prodotto dell’oreficeria siciliana del XVI secolo. Fu donata al tesoro del duomo il 13 marzo 1733 dalla nobildonna Emilia Grimaldi, principessa di S. Caterina, che vi fece sistemare la reliquia donata dai frati Cappuccini, impegnando la Collegiata della Chiesa Madre a far giungere sino al cimitero la processione del Venerdì Santo. La croce porta incisi nei bracci ramoscelli e fiori che girano leggiadramente alternandosi a festoni dorati. La parte inferiore, che è a punta di spada, viene innestata in un candeliere che ripete gli stessi motivi della croce. La base del candeliere, lavorata a bulino, presenta, cesellate, arpie dalle grandi ali e dagli artigli marcati. La Croce reliquiario precede nella processione l’urna del Cristo morto e il fercolo dell’Addolorata che avanzano ondeggianti sulle ali della folla che assiste silenziosa, e chiudono la processione che si snoda per oltre due chilometri. Tutti i confrati, con le loro mantellette multicolori, sono con le visiere abbassate, dai cui fori si intravedono appena gli occhi.

SNel silenzio della sera si ode chiaramente lo stropiccio dei piedi dei confrati che portano in mano torce a vento accese. Accompagnati dalle marce funebri e dal rullo dei tamburi, i portatori del fercolo dell’Addolorata avanzano a passi cadenzati, come avessero la preoccupazione di rendere più lieve alla Vergine questo triste e doloroso percorso dietro l’urna del Figlio morto. La processione che si snoda lungo l’intera via Roma e la via Libertà, per alcuni anni è giunta presso il santuario di Papardura dove veniva impartita una solenne benedizione con la croce reliquiario. Questa benedizione è avvenuta, sino al 1969, presso la chiesa di S. Paolino, al cimitero. Anticamente si giungeva a questa chiesa percorrendo la via Roma, via Vulturo, via S. Agata, via Kamuth, piazza Tremogli e via Vittorio Emanuele. Accade spesso che, la sera del Venerdì Santo, il tempo è poco clemente: vento, nebbia e pioggerellina accompagnano quasi sempre l’intera cerimonia. Ciò non impedisce, però, la sentita partecipazione dei confrati e della gente. Alcune vecchie cronache riferiscono che nel 1782 la neve era tanto alta che nessuna processione esterna potè effettuarsi. Nel 1798 durante la processione del Venerdì Santo si levo un vento cosi forte da sembrare un ciclone, tanto che la processione fu interrotta e tutti dovettero rifugiarsi nella chiesa di S. Cataldo; al vento segui una tempesta di grandine per cui nessuno potè andare a casa sino al mattino seguente. Nel 1831, mentre era in corso la processione, fuggirono dalle prigioni del Castello di Lombardia cinque detenuti a pene gravi, mentre, nel 1812, per cause imprecisate, scoppiò una fabbrica di petardi e si ebbero parecchi feriti e due morti. Al ritorno, tutti i confrati alzano la visiera. Questa tradizione risale al 1860, anno in cui la polizia borbonica si vendicò del più eclatante smacco dei patrioti ennesi. La processione dopo aver percorso il viale Diaz, giunge al cimitero, nella cui chiesa viene impartita la benedizione con la Croce reliquiario. I portatori dell’urna del Cristo morto e del fercolo dell’Addolorata, entrati i due simulacri nella stessa chiesa, si riposano soffermandosi nel piazzale antistante. venerd6Dopo questa breve sosta, la processione riprende seguitando per la via S. Francesco d’Assisi e la via Vittorio Emanuele. In quest’ultima via, stretta ma tanto caratteristica, si può vedere quanto sia veramente sentita la partecipazione degli ennesi a questa tradizione. I balconi che si affacciano in via Vittorio Emanuele sono tutti illuminati con apposite lampadine, la gente vi sta in ginocchio, e non pochi di quanti vedono passare il fercolo dell’Addolorata, cercano di sfiorarne il tetto, quasi per una loro particolare devozione. Superata la chiesa di S. Cataldo, i portatori si avvicendano nei cambi per favorire l’incedere della processione: è così che i più alti di statura passano per ultimi e i più bassi passano nei primi posti delle aste dei simulacri. Risalendo per la via Roma, nonostante la tarda ora, una folla resta a veder ritornare la processione. La processione arriva così in duomo dopo esser passata dalla via Mercato S. Antonio ancora illuminata dalle abbaglianti luci delle botteghe addobbate con fiori. Poi, l’urna del Cristo morto viene riaccompagnata nella propria chiesa, mentre il fercolo dell’Addolorata, preceduto da tutte le confraternite, come i parenti e gli amici dopo il funerale, fa ritorno per la via Roma alla chiesetta del Mercato S. Antonio, dove praticamente finisce la processione del Venerdì Santo. Ai portatori vengono offerti biscotti, vino e fave bollite.
Rino Realmuto

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Tra il XVII e il XVIII secolo erano due le processioni del Venerdì Santo
Non una, ma due erano le processioni che si effettuavano il Venerdì Santo ad Enna. A partire dal 1643, si ritiene si svolgesse una cerimonia religiosa la mattina del giorno dedicato alla sepoltura di Gesù, denominata “La discesa della Croce”, che prevedeva un “offizio innanzi a Pilato”. Ce ne dà notizia Rocco Lombardo a seguito di ricerche i cui risultati confluiscono nel volume “La Chiesa di S. Cataldo” (ed. Il lunario, Enna, 1994). SepSi trattava di una vera e propria rappresentazione teatrale itinerante “con una grandiosa e scenografica festa” organizzata dai Rettori della chiesa di San Cataldo. La cerimonia si svolgeva lungo la strada del Popolo (l’attuale via Vittorio Emanuele), con partenza dalla chiesa parrocchiale, “situata al piano della Balata”, con sosta nella chiesa di Santa Maria del Popolo dove veniva celebrato il citato “offizio”; la processione si concludeva a Santa Maria delle Grazie, nella chiesa del convento dei frati Cappuccini, dedicata anche a San Paolino, presso l’attuale cimitero. Si apprende da fonti storiche che grande era la partecipazione di popolo a questa scenografica “festa” che precedeva quella pomeridiana del Cristo morto e dell’Addolorata con partenza dal Duomo lo stesso giorno del Venerdì Santo. Si hanno notizie certe dello svolgimento annuale di questa sacra rappresentazione allorquando, nel 1674, “le invidie e le gelosie dei rettori della Chiesa Madre […], soliti a frequenti liti” sfociarono “a vere e proprie dispute”. Don Vincenzo Spina, in quel tempo parroco e rettore di S. Cataldo, fu indotto “ad inviare una ‘esposizione’ al Vicario di Castrogiovanni” per dissuaderlo – con motivazioni circostanziate – “dall’ impedire, su istigazione del priore della Matrice, detta funzione”, dallo “spogliare detta chiesa parrocchiale della sua quieta e pacifica processione”, pena il ricorso “all’illustrissimo monsignore Vescovo di Catania”. Il tentativo del Vicario e del Priore della Matrice fallì, tant’è che nel 1753 si hanno ancora tracce dello svolgimento di quella Sacra Funzione che sopravvisse per oltre un secolo. Una cosa è certa: la chiesa di S. Cataldo, in quel tempo, quasi gareggiava in sfarzo con la Chiesa Madre, suscitando così l’invidia dei Rettori del Duomo. Tante sono state le controversie intercorse tra le Confraternite in quei secoli passati. Le processioni costituivano, allora, la rappresentazione civile e religiosa della città e “la composizione dello stesso sacro corteo indicava alla comunità l’allegoria della struttura gerarchica della società”. L’ordine delle precedenze nelle processioni sono state, da sempre, oggetto di dispute. Una vertenza sorta tra le confraternite dell’Addolorata e della Donna Nuova fu addirittura risolta dalla Congregazione dei Riti che nel 1941 decretò ai confrati dell’Addolorata la legittimità di precedere il Fercolo della Madonna nella breve processione, che parte dall’omonima chiesa per giungere al Duomo, nel giorno del Venerdì Santo. Di tale vertenza ci dà notizia Rino Realmuto nel suo libro “ La storia della Settimana Santa e delle Confraternite di Enna” edito nel 1975 con i tipi della Tea Mazzone, Palermo.

 
Video del Centro Video Mediterraneo di Enna relativi alla Settimana Santa e la Pasqua ennese. Regia di Paolo Andolina

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