Enna. Non provocò la morte di una giovane, condannato solo per cessione stupefacenti

Fabrizio Passero, difeso gli avvocati Giovanni Palermo e Giuliana Conte, è stato condannato a sei anni e tre mesi di reclusione per cessione di stupefacenti, e ad una multa di 28 mila euro, ma non certo per avere provocato il suicidio di Miriam, la sedicenne che si suicidò, buttandosi dalla Rocca di Cerere il 21 maggio 2006, dopo avere passato la domenica in una discoteca di Catania. Assolto anche l’altro imputato Giuseppe Vinciguerra.
Passero, dunque, avrebbe ceduto della droga alla giovane Miriam, ma almeno sei mesi prima del suo suicidio, quindi, per i giudici del tribunale di Enna, non ha avuto alcuna responsabilità in quel suicidio che lasciò stupefatta tutta la città.
La ragazza si era tolta la vita in preda ad una depressione avuta per la morte del padre e dopo una notte ed un giorno in giro per le discoteche a Catania, in cui avrebbe fatto uso di cocaina e ecstasy. Il tribunale collegiale, presieduto da Elisabetta Mazza, con giudici a latere Romito e Commandatore, poi ha totalmente assolto Giuseppe Vinciguerra, che era stato accusato anch’egli di omicidio colposo. Il suo avvocato, il penalista Gabriele Cantaro, si è detto “soddisfatto” per la sentenza ed il ragazzo presente in tribunale, alla lettura delle sentenza, ha abbracciato il suo avvocato ed è scoppiato in un pianto dirotto, si è liberato di un incubo. Per Passero e Vinciguerra il pm Francesco Rio, nel corso della sua requisitoria, aveva chiesto la condanna a 12 anni ciascuno. Passero è stato condannato anche al risarcimento dei danni nei confronti della parte civile, rappresentata da Anna Martina Giunta e Oriana Giannotta, assistite dagli avvocati Danilo Tipo e Margherita Genco, liquidati in 14 mila euro più spese. Per lui, a ogni modo, l’accusa di cessione di stupefacenti ad una minorenne è stata considerata di “lieve entità”. L’avvocato Baldi ha dichiarato che la difesa si riserva di presentare ricorso in appello, pur esprimendo apprezzamenti per l’esclusione di responsabilità legate al suicidio della giovane. Giuliana Conte ha dichiarato che è stata una sentenza responsabile, maturata nel corso del processo. C’era un terzo imputato, Antonio P., impiegato quarantenne, incensurato, accusato di avere ceduto droga ad un giovane in cambio di un rapporto omosessuale, è stato assolto, faceva parte di un filone esterno dell’inchiesta; accusa scioltasi in sede dibattimentale.