Pietraperzia. Archiviazione dell’indagine sull’uccisione dell’allevatore Di Calogero

Pietraperzia. Si parla con una certa insistenza che, a breve, sarà chiesta l’archiviazione dell’indagine sull’omicidio dell’allevatore di Pietraperzia , Vincenzo Di Calogero, ucciso con due colpi di fucile, sparati da distanza ravvicinata, ed uno sparato sul cane di guardia, il 29 dicembre, mentre pascolava il suo gregge in contrada Cerumbelle, a circa cinque chilometri da Pietraperzia. Già sin dall’inizio erano state evidenziate le difficoltà degli investigatori del comando provinciale, coordinati dal maggiore Giovanni Palatini, e della compagnia di Piazza Armeria, diretti dal capitano Rosario Scotto Di Carlo, visto che setacciata tutta la zona non si è riscontrato alcun indizio che potesse instradare gli investigatori. Chi ha ucciso è arrivato in zona a piedi, ha eseguito l’omicidio con notevole freddezza, uccidendo il cane per non lasciare traccia, poi è scomparso. Dal momento dell’omicidio, agli interrogatori eseguiti dai carabinieri con i famigliari e gli amici non è stato possibile tirar fuori un indizio da cui incominciare concretamente le indagini. Silenzio, omertà, tutto sotto traccia e per gli investigatori non è stato possibile trovare qualcosa, anche i lavori dei responsabili del laboratori scientifico hanno trovato poche cose su cui puntare. Non c’è stato mai un indagato, né elementi nuovi che segnassero una svolta nelle indagini. Il delitto è avvenuto intorno alle 16, quando Di Calogero si apprestava a tornare verso caso, ma il suo corpo è stato trovato intorno alle 22, quando la famiglia, preoccupata per il silenzio del cellulare dell’allevatore, ha allertato i carabinieri ed a trovare il corpo senza vita di Vincenzo Di Calogero sono stati familiari e carabinieri che stavano setacciando tutta la contrada Cerumbelle. Un delitto quasi perfetto, eseguito sicuramente da professionisti che hanno colpito senza pietà al momento giusto, per il killer la missione di morte è stata eseguita senza remore, decisa, poi è scomparso , percorrendo trecento metri di terreno, ma su quel terreno non è stata lasciata alcuna orma che potesse indirizzare gli specialisti. Lo stesso esame autoptico, effettuato dal medico legale Cataldo Raffino, consulente del pm Francesco Rio, che ha coordinato le indagini, non ha rivelato niente di importante tranne che chi ha sparato lo ha fatto da vicinanza ravvicinata, quindi è probabile che Di Calogero conoscesse il suo assassino. L’esecuzione dell’omicidio sembrerebbe un omicidio di stampo mafioso, ma Di Calogero non ha mai avuto rapporti con il mondo mafioso, solo qualche scaramuccia nel mondo degli allevatori, ma queste scaramucce non possono portare ad un’esecuzione letale come quella ha visti soccombere Vincenzo Di Calogero.