Tre salme di immigrati riposeranno per sempre nel cimitero di Calascibetta

Calascibetta. Riposeranno per sempre nel cimitero di Calascibetta. Ma di loro non si saprà né il nome, né il sesso, né l’età. Non sapremo mai, con certezza, se erano musulmani, cattolici o ancora di altra religione. La loro identificazione? Un numero posto sopra una semplice bara di legno. É la triste storia che ha accompagnato il doloroso percorso di tre dei trecentosessantaquattro migranti partiti, probabilmente, dalle coste della Libia per cercare un futuro migliore in Europa, ma invece hanno trovato la morte. I soccorritori di Lampedusa li hanno raccolti il 3 ottobre scorso dai fondali dell’Isola, inghiottiti da un mare che spesso non perdona, mentre in questi giorni l’estremo saluto lo stanno ricevendo in terra di Sicilia, mai ostile nei confronti dei profughi, sempre accogliente verso gli ultimi. Come accoglienti continuano a dimostrarsi da anni i residenti di Lampedusa. Il Comune di Calascibetta, cosi come quelli di Troina e Assoro in territorio Ennese e molti altri dell’Isola, ha dimostrato senso di civiltà rispondendo alla richiesta della Prefettura di Agrigento, ossia di accogliere nei vari cimiteri della Sicilia le salme dei poveri migranti. Venerdì pomeriggio, a Calascibetta, un semplice rito, conclusosi con un minuto di raccoglimento, ha segnato l’ultimo percorso terreno di tre profughi. Presenti l’amministrazione comunale, il Consesso civico, le più alte cariche militari, l’arciprete don Giuseppe D’Anna, che ha benedetto le salme, ma anche alcuni cittadini della società civile xibetana. Momenti di commozione quando tre studenti hanno deposto le corone di fiori, una per ogni defunto, sopra le bare. Un destino crudele, ma anche sino ad oggi l’indifferenza dell’Europa, ha voluto che il loro sogno, di libertà e di una vita migliore, venisse interrotto a circa mezzo miglio dall’ isola dei Conigli di Lampedusa. Lo stesso destino che ha voluto che sulla tomba, distante dalla Terra d’origine, non fossero i loro cari a piangerli. Il mare li ha strappati all’affetto delle loro famiglie, ma la Sicilia, che durante gli anni del dopo guerra ha conosciuto l’emigrazione, non ha voluto rimanere indifferente nei loro confronti.

Francesco Librizzi