Totò Cuffaro ai servizi sociali

cuffaroIl Pg favorevole all’ipotesi che l’ex governatore della Regione siciliana Salvatore Cuffaro sconti il resto della pena lavorando presso un istituto per ciechi a Roma e non da Biagio Conte a Palermo, come era stato chiesto, in carcere per scontare una condanna a 7 anni per favoreggiamento aggravato alla mafia. Lui dice: “Sono pronto ad accettare qualsiasi decisione”.
“Sono stato condannato e sto pagando. Non mi sono mai posto il problema se sono l’unico a pagare o se ce ne sono altri che non stanno pagando. A me è capitato ed è giusto che lo faccia”.

Così scriveva Luca Telese il 23 gennaio 2011
So che qualcuno storcerà il naso, ma non me ne frega nulla, è un pensiero che voglio condividere con chi vorrà farlo. Non avrei mai pensato che avrei provato un incredibile sentimento di rispetto per Totò Cuffaro. Così come è stato un pericoloso fiancheggiatore della mafia, pasticcione, ambiguo, pericolosamente losco nella sua carriera politica, Cuffaro ha saputo trovare ieri una misura di grande dignità nel momento della condanna: “Accetto il verdetto, vado a costituirmi”.
Forse è vero che siamo mitridatizzati e assuefatti a tutto, forse è vero che sono giorni incredibili, ma la pacatezza con cui Cuffaro ha accettato la sua condanna senza contestare la sentenza e senza inveire contro i giudici, di questi tempi è un gesto eversivo.
So che in questo paese la cultura del nemico ha avvelenato ogni cosa. So che qualcuno si divertirà a gioire al pensiero di saperlo in carcere. Eppure io credo che proprio nel momento in cui scatta la pena, e l’accettazione della pena, sia necessario riconoscere che questo atteggiamento porta Cuffaro dieci spanne sopra quei politici che, accusati di reati apparentemente meno infamanti, contestano le istituzioni, accusano la magistratura di eversione, mettono in campo ogni mezzo pur di sottrarsi alla legge. Forse è proprio vero che la cultura democristiana, in Italia, malgrado la vertigine inquietante dei suoi lati oscuri, è diversa da quella eversiva dei piccoli autocratici che gridano al colpo di Stato, e intanto provano a metterlo in atto.