Lettera aperta dei figli sulla confisca dei beni all’avv. Raffaele Bevilacqua

Riceviamo una lettera aperta dei figli dell’avv. Raffaele Bevilicqua, a cui sono stati confiscati dei beni. La presente viene pubblicata per dovere di informazione:

sequestro_casa“Ribadiamo il nostro massimo rispetto per le istituzioni e le pronunce giudiziarie, tuttavia è giusto dare la parola anche a noi viste le relazioni della conferenza tenutasi il 2.10.2014 in cui si è parlato della necessità (sacrosanta) di togliere i beni alla mafia per evitare il pericolo di riciclaggio di denaro sporco etc. Ma a tal proposito si è parlato di pericoli connessi ad attività, quindi di beni produttivi, supermercati, aziende etc. Salvo poi nominare il bene confiscato a Raffaele Bevilacqua esaltando i risultati conseguiti. Noi ribadiamo che il bene confiscato non è altro che una civile abitazione che quindi non ha i requisiti di cui si è discusso. E’ un’abitazione lasciata per testamento olografo ancor prima che a nostro padre fosse contestato il reato associativo.
Nostro padre prima di essere il mafioso di cui tanto si è parlato, era un noto avvocato conosciuto in tutta la provincia di Enna e oltre, che ha lavorato anche con alcuni relatori del convegno stesso che quindi conoscono le sue capacità professionali. Infatti, difese la madre, Sig.ra La Mendola Concetta in un procedimento di abuso edilizio risalente al 1986 (anni prima della contestazione del reato a Bevilacqua) poiché intestataria di questa casa e nel procedimento di appello per il reato edilizio (sentenza del 28.3.1988) il pubblico ministero era l’attuale presidente della Corte di appello nissena che prestava il consenso al patteggiamento della pena, ma che durante il convegno, invece, sbandierava la mafiosità di Bevilacqua con riferimento a questa casa. Oltre ad essere un avvocato, nostro padre era un Consigliere provinciale e un Presidente della commissione provinciale di controllo, per cui aveva un reddito lecito e fatturato, prodotto agli atti, per il periodo in contestazione, di un miliardo di lire.
Tanto è vero che lo stesso CTU ha ritenuto giustificate le spese sostenute per l’arredamento di un solo piano di questa casa di civile abitazione, per il resto la casa è rustica e cadente.
Si potrà obiettare: allora perché è stata confiscata? Non siamo certo il primo caso in Italia di sentenze ingiuste avverso le quali abbiamo proposto la revisione sulla quale la Corte di appello non ha ancora sciolto la riserva ed è per questo che è apparsa inopportuna la presenza dei rappresentanti dell’Ufficio della Corte del distretto tenuto conto che presso lo stesso ufficio, appunto, pende il procedimento di revisione. Più volte un rappresentante delle Forze dell’ordine destinatario di numerosi complimenti durante la conferenza, ci ha detto: “Ancora credete alla revisione?” (n.d.r.: ripetiamo che quanto pubblicato è quanto pervenuto, non ci sentiamo di avallare accuse se non possono essere provate). Tutti avrebbero potuto pronunciare una frase del genere, ma non certo un rappresentante dello Stato che deve garantire l’applicazione della legge e la revisione è un Istituto giuridico previsto dalla legge proprio per riparare agli eventuali errori giudiziari. Nonostante il clamore della vicenda, noi speriamo e confidiamo nell’operato dei giudici della revisione al di là delle azioni pubblicitarie pressorie.
Per il resto, se la nostra casa possa servire per il conseguimento di un giusto fine sociale, siamo contenti sebbene esterrefatti della velocità con cui proprio questo bene ha conseguito progetti e finanziamenti sebbene non l’unico confiscato nella provincia di Enna e in tutta Italia, un bene gravato da ipoteca (l’altro aspetto assurdo della confisca visto che proprio le ipoteche dimostrano la situazione debitoria del Bevilacqua con le banche assolutamente incompatibile con una situazione si “maneggio” di denaro sporco).
Nostro padre ha lavorato sodo quale avvocato e non ha fatto altro, così come ogni professionista, che allestire una casa ereditata, senza grandi pretese, senza piscine, senza mobili di grande valore. Ci piacerebbe che venissero pubblicate e poste a conoscenza della società e dell’intera Italia le foto che gli stessi rappresentanti dello Stato fecero alla casa al momento in cui ne presero il possesso che sono eloquenti. Ciò non per polemizzare o rivendicare un bene ormai acquisito, ma per evidenziare che non basta una sentenza di condanna per associazione mafiosa ad apprendere un bene, ma sono necessari dei presupposti (proprio quelli di cui si è parlato nel convegno) che nel nostro caso non ci sono.
Ci associamo comunque – e senza ironia – ai complimenti fatti non tanto per la confisca del bene quanto per la sua destinazione a un fine sociale giusto e per questo e solo per questo, siamo contenti.
Chiediamo infine, da persone civili, perbene e incensurate, di essere invitati e coinvolti anche in questi convegni perché comunque grazie alla nostra casa si è realizzato un grande progetto”.