Il libro, che già gode della recensione di numerose testate giornalistiche, fa la storia di Serge Voronoff, un giovane ebreo russo sbarcato a Parigi nei mesi dell’affaire Dreyfus, che cerca di scampare all’antisemitismo di quegli anni sfruttando la sua indiscutibile abilità di chirurgo, volta a pratiche scientifiche non comuni come il trapianto di testicoli di scimmia in uomini attempati desiderosi di riacquistare la perduta vitalità sessuale. È questo l’impegno fondamentale di Voronoff, ed a questo sono rivolti gli sforzi della sua sperimentazione alla Frankenstein, autopropagandata da lui stesso che possiede innate qualità seduttive e di comunicazione. Con quelle operazioni Voronoff raggiunge la celebrità. Negli anni venti e trenta del Novecento diventa uomo tra i più popolari del pianeta. Ed il mito di realizzare l’eterna giovinezza, con l’adombrata prospettiva di creare una razza superiore, persuade al punto di suscitare l’interesse dei governi e di una pletora eterogenea di pazienti (dagli anonimi, ai capi di stato e ai premi Nobel) che accorrono da lui per farsi impiantare. La notorietà gli porta anche denari, una vita sentimentale fortunata e tumultuosa, la pubblicazione di libri. E la popolarità è tale che il suo nome viene usato per una sorta di «rottamazione politica» ante litteram quando i deputati fascisti zittiscono in aula gli avversari più anziani al grido di «Vo-ro-noff Vo-ro-noff!».
Questo e molto altro si legge nel libro di Barnabà, in pratica la prima biografia in lingua italiana su Serge Voronoff. Ed è scritta in forma autobiografica con «l’artificio del manoscritto ritrovato» (copyright Matteo Collura, ‘Il Corriere’). Il libro, fuor dalla facile metafora, non è per niente «palloso» e scorre piacevolmente evocando nel lettore quel turbinio di immagini e di sensazioni cui Barnabà ci ha abituati con i suoi personaggi di grande ricchezza espressiva, in cui ognuno ha un’intimità inconfondibile, efficacemente rilevata dallo stile limpido e fluente dell’autore.
Salvatore Di Vita