Ricostruita la vicenda del partigiano valguarnerese Francesco Marotta, classe 1909

Marotta Francesco“Chi lottò per la libertà non cadde invano”, recita l’epitaffio di una lapide commemorativa nel quartiere Marassi di Genova. “E non merita di essere dimenticato”, aggiungono Calogero Laneri e Roberto Capizzi, due giovani ricercatori dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi) di Enna, che, nell’ambito di un più vasto progetto di ricerca storica, hanno ricostruito la vicenda del valguarnerese Francesco Marotta, classe 1909, che appena ventenne si trasferisce a Genova per lavoro e vi muore durante le convulse fasi della resistenza ligure contro il nazi-fascismo. Marotta, il cui nome sta con quello degli altri partigiani su quella lapide di Via Monticelli a Marassi, cade in combattimento il 24 aprile 1945. Ha trentasei anni e non è uno dei tanti soldati sbandati ritrovatisi dalla parte della Resistenza più per caso che per scelta consapevole. Lui da civile sceglie convintamente di farsi partigiano, animato da un’autentica motivazione ideologica.
Da questo primo dato parte lo stimolo che spinge Laneri e Capizzi a scartabellare tra libri e scartoffie per saperne di più e per rintracciare la sepoltura del valoroso valguarnerese di cui in prima istanza non v’è traccia. Marotta non ha figli ed è a sua volta figlio unico. Questo fa temere per la memoria e per le spoglie dell’uomo che potrebbero essere rimaste obliate a Genova. Gli elementi da cui avviare la ricerca sono pochi: una piazzetta del paese gli è stata dedicata dopo la guerra, ma la targa è priva d’indicazioni ed è soltanto un riferimento toponomastico per gli inconsapevoli abitanti del quartiere.
A dare una mano ai due studiosi è Carlo Santamaria il cui padre, compagno di emigrazione del Marotta, ha conservato qualche fotografia. Poi è la giovanile caparbietà dei ragazzi a fare il resto. Attraverso i contatti (anche di persona) con gli uffici di Genova e di Valguarnera, si ricompongono quasi tutti i tasselli della storia e si scopre che Francesco Marotta aderisce nel ’44 alla formazione combattente SAP “Mirolli-Pinetti” e muore alle 12,15 nel nosocomio genovese di San Martino, verosimilmente per le gravi ferite riportate in battaglia. Il suo corpo è reclamato il 25 ottobre del ’45 da persona rimasta ignota (ma quasi certamente si tratta del padre Antonino) e trasferito da Genova per destinazione anch’essa sconosciuta. Le ulteriori affannose ricerche di Capizzi e Laneri riescono ad appurare che la salma dell’eroe dimenticato è deposta all’interno di una cappella anonima (e per questo poco visibile) nel “Viale Estremo Sud-Est” del cimitero di Valguarnera. Sulla lapide col suo nome è la scritta: “caduto a Genova per la libertà d’Italia”. Qui i due giovani ricercatori – moralmente sostenuti da Salvo Balistreri presidente dell’Anpi ennese – hanno potuto rendere omaggio al partigiano dimenticato, ripromettendosi di continuare nel loro impegno di ricerca storica e di promozione della cultura antifascista.

Salvatore Di Vita