L’Università Kore di Enna. “En marche”
di Massimo Greco
Ovviamente non si tratta qui di osannare l’uso della ricerca scientifica nella prospettiva dello sviluppo economico del rispettivo territorio, fine al quale l’università tradizionale comunque non ha mancato di dare il proprio contributo, quanto piuttosto di sperimentare se e con quali limiti l’UKE, dotata di autonomia funzionale, possa avere un ruolo per la difesa del territorio su cui insiste. Da questo punto di vista, è stato auspicato dalla Fondazione della Conferenza dei Rettori delle università italiane, che “I collegamenti università-territorio – già esistenti a livello di singole relazioni dirette tra cattedre, dipartimenti e aziende o a livelli di organismi leggeri come i comitati consultivi d’indirizzo – possano consolidarsi e trasformarsi in strutture permanenti o dotazioni infrastrutturali come, ad esempio, i Consorzi università-industria, i Parchi scientifici, le Fondazioni universitarie o i Businnes Innovation Center o i Liaison Office”.
Per il tramite dell’UKE, i territori delle “aree interne e centrali” della Sicilia potranno riuscire a fare squadra attorno ad un concetto di innovazione come res pubblica su cui attivare investimenti orizzontali di tutti gli stakeolders, per creare comunità di ricerca e produzione che integrano relazioni mercantilistiche e collaborative, capaci di richiamare e trattenere qui la testa delle global value chain.
Rispetto a questa prospettiva, da noi auspicata ed approfondita anche in sede di ricerca, l’UKE non sembra affatto intollerante, come dimostrano i numerosi apporti collaborativi forniti ad Istituzioni pubbliche e private anche del territorio. Tuttavia, come già accennato in altra occasione, urge andare oltre la “terza missione” dell’università, affrontando in modo strutturale la questione delle “aree interne” ed assumendone l’iniziativa progettuale.
In sintesi l’UKE è chiamata alla responsabilità civica, politica ed istituzionale per la difesa del territorio dal quale ( e per il quale?) è nata.