Leonforte. L’Università Popolare ha in più occasioni provato ad argomentare sul restauro di Porta Garibaldi, il risultato dei tentativi

Sono un cittadino leonfortese che ha a cuore il proprio paese e con esso i suoi beni storico-monumentali e proprio per questo motivo mi sento di esternare la mia opinione riguardo ai “lavori di somma urgenza” che hanno interessato il celebre monumento seicentesco denominato Porta Palermo (oggi “Porta Garibaldi”) realizzati dalla “Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali – Sezione per i Beni Architettonici di Enna”. A tal proposito dispiace dover evidenziare che l’intervento che ha interessato quello che è uno dei manufatti piu’ noti e piu’ antichi della nostra città, appare, a mio parere e a giudizio di tanti altri cittadini leonfortesi, impattante e, per alcuni aspetti, in aperto contrasto con i principi del restauro architettonico che avrebbero dovuto essere applicati in tale tipo di opera.
Naturalmente non sto discutendo dei lavori effettuati sulla facciata della Porta prospiciente alla Piazza Sottana (oggi Via Granfonte) che, nel loro complesso, risultano idonei e condivisibili (unico argomento di dibattito potrebbe essere la ricostruzione in pietra locale e posa in opera di un merlo e di una parte del cornicione sommitale ma quest’intervento può essere considerato una scelta progettuale rientrante nei canoni del restauro architettonico).
Quello che invece appare inspiegabile e aberrante è l’intervento effettuato sui già esistenti contrafforti in pietra locale del monumento che sono stati ricoperti di calce idraulica, squadrati nelle forme e intonacati con un colore bianco panna altamente impattante. I due manufatti così oltraggiati sono stati uniti insieme da un arco di metallo di colore marrone scuro. L’effetto globale è quello di aver trasformato l’altro prospetto del monumento, che costituisce lo storico ingresso al paese in prossimità dell’entrata al Giardino Grande (o Sicula Tempe), in un intervento architettonico “contemporaneo” di grande impatto visivo e in evidente antitesi con il circostante complesso monumentale, scenografico e paesaggistico.
Dispiace evidenziare che il tutto appare a miei occhi come un maldestro tentativo di trasformare un intervento di restauro conservativo di una porta seicentesca in una soluzione architettonica “di grido” inopportuna e decontestualizzata, realizzata con l’unico scopo di apporre una firma indelebile sul monumento. In parole semplici si potrebbe affermare, con cognizione di causa, che una delle facciate del manufatto storico sia stata trasformata in un portale moderno di dubbio gusto non richiesto e sicuramente non previsto dai “lavori di somma urgenza”. L’effetto globale risulta quello di aver “creato”un monumento double face con il prospetto antico da una parte e la facciata “modernizzata” dall’altra. In questa trasformazione in chiave moderna della “Porta Garibaldi”, che scimmiotta realizzazioni architettoniche contemporanee di ben altra fattura e di ben altro spessore artistico, non è stato nemmeno preso in considerazione che il monumento faceva da cornice ad alcuni tra gli scorci cittadini piu’ belli e suggestivi immortalati da pittori, disegnatori e fotografi, che oggi urlano allo scandalo poiché quelle vedute appaiono sfigurate e irrimediabilmente compromesse.
A questo punto mi preme evidenziare che l’intervento, che di fatto cambia il volto a uno dei piu’ conosciuti manufatti storici leonfortesi, vera e propria icona del paesaggio architettonico della nostra città, non poteva prescindere da uno studio sul contesto storico-monumentale e paesaggistico in cui tale “realizazione contemporanea” avrebbe dovuto essere realizzata. Inoltre non si può disconoscere che un tale tipo di opera, di innegabile impatto visivo, avrebbe dovuto superare l’esame, il giudizio, la competizione e il consenso di un “concorso di idee” invece che essere imposta dall’alto agli ignari cittadini leonfortesi camuffata sotto la finta dizione di “lavori di somma urgenza”.
La scelta progettuale, non richiesta e irrispettosa dei canoni del restauro architettonico, appare assolutamente decontestualizzata anche perché in altri precedenti interventi di restauro dei preziosi manufatti del complesso monumentale di cui “Porta Garibaldi” fa parte (Granfonte e Fonte di Crisa) nessuno ha mai azzardato l’inserimento di tale tipo di realizzazioni “contemporanee” per cui appare ancor piu’ assurda e inspiegabile.
Il restauro architettonico prescrive la “riconoscibilità” dell’intervento e “l’uso di materiali e di tecnologie originali”. Tali principi si sarebbero dovuti applicare negli antichi contrafforti riproponendo l’uso della malta nelle fughe dei conci di pietra e nella posa in opera di alcuni elementi di nuova fattura in sostituzione di quelli mancanti allo stesso modo in cui è stato fatto nel prospetto del monumento che guarda alla Piazza Sottana (vedi collocazione del merlo e di parte del cornicione sommitale) ovvero attraverso lavori che non stridessero con il manufatto storico ma che potessero consentire all’occhio esperto di carpire la differenza tra ciò che è originale e ciò che è stato aggiunto. Pertanto anche nei vecchi rinforzi architettonici si sarebbe potuto (e dovuto!) utilizzare materiali, forme e colori che, pur distinguendosi dalle parti originali del monumento, non entrassero in conflitto con lo stesso. Si ribadisce invece che in netto contrasto visivo con il resto della porta seicentesca appare invece la trasformazione dei due contrafforti di pietra in opere squadrate nelle forme e intonacate con un colore di forte impatto. Non appare infatti giustificabile che dei vecchi elementi strutturali realizzati in conci di pietra locale, di età non facilmente determinabile ma sicuramente sufficientemente antica da essere definiti manufatti storici, siano stati ricoperti di calce idraulica e intonaco rendendo problematica un’eventuale rimozione dei materiali aggiunti ed entrando in evidente contrasto con i principi del restauro architettonico che prevedono la “reversibilità” dell’intervento. E non si venga a raccontare che questo tipo di lavori siano stati compiuti per differenziare la parte antica del manufatto dall’opera realizzata per la sua messa in sicurezza in quanto i contrafforti erano già esistenti e ormai parte integrante del monumento e non si doveva fare altro che rafforzarli rispettando l’antica fattura in pietra e malta.
A questo punto non si può non rilevare che appare assurdo e paradossale che tali lavori siano stati progettati e diretti da un ente pubblico deputato alla salvaguardia dei beni architettonici e monumentali qual’è la Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali e che tale tipo di “opera” possa essere mai stata autorizzata.
Dispiace così dover ribadire un giudizio fortemente negativo su una “soluzione architettonica” in cerca di gloria, catapultata nel cuore della Leonforte piu’ autentica e amata, che manifesta l’unico intento di lasciare il segno in un contesto in cui si sarebbe dovuto intervenire in punta di piedi con religioso rispetto dei luoghi, della storia e delle prestigiose realizzazioni del nostro Principe e dei suoi autorevoli architetti che hanno ideato, progettato e creato un complesso monumentale, scenografico e paesaggistico che non meritava manomissioni immotivate ed estranee mascherate sotto ingannevoli appellativi.
Al fine di fare chiarezza sulla legittimità e sull’opportunità di quanto è stato realizzato mi sento in dovere di formulare dei quesiti ai vertici della Soprintendenza ai BB.CC.AA di Enna e ai responsabili dei lavori che hanno prestato la loro opera per la realizzazione dell’intervento.
Nello specifico si chiede:
– se l’intervento, che è stato realizzato secondo la dizione di “lavori di somma urgenza” per la messa in sicurezza del monumento, rientri nei canoni del “restauro architettonico” o se, al contrario, si sia andati oltre quelle che erano le prescrizioni originarie dell’opera travisando così l’obiettivo che gli era stato assegnato;
– se l’intervento architettonico, di innegabile impatto visivo, sia stato concepito in questo modo per affiancare al manufatto storico un’opera contemporanea d’”effetto” e se tale soluzione rientri nei ruoli assegnati ai “lavori di somma urgenza”;
– se l’opera che ha ricoperto di calce idraulica, squadrato, ingrandito nelle forme e intonacato i contrafforti in conci di pietra locale del monumento possa essere considerata reversibile in sintonia con i principi del “restauro architettonico”;
– se il risultato estetico dell’intervento, che ha di fatto “modernizzato” una porta seicentesca alterando uno degli scorci piu’ amati della città di Leonforte, sia quello desiderato o se siano subentrati eventuali ripensamenti e/o autocritiche su quanto è stato realizzato;
– se si ritiene di voler tornare indietro su determinate scelte progettuali (peraltro verosimilmente non previste nei “lavori di somma urgenza”) per correggere l’intervento, rimuovendo la copertura in calce idraulica e intonaco, in modo da recuperare l’antica fattura in conci di pietra locale e malta dei due contrafforti del monumento dimostrando così la “reversibilità” dei lavori effettuati o se, al contrario, si debba constatare che l’opera risulti irreversibile e pertanto irrispettosa dei canoni del restauro architettonico;
– se è mai stato valutato che l’intervento, nei modi in cui è stato realizzato, avrebbe richiesto uno studio specifico sul contesto storico-monumentale, scenografico e paesaggistico in cui sarebbe stato inserito.

A cura di Gabriella Grasso