Troina: gli asinelli della legalità nel Parco dei Nebrodi. Il sindaco: «Ostinati contro la mafia dei pascoli»

Contro le «vacche sacre» della mafia i miti asinelli della legalità. C’è una storia di resistenza civile dietro la singolare sfida che di consuma a Troina, in provincia di Enna. E tutto, sembrerà strano, cammina sulle gambe di quei cento asinelli che qualche giorno fa sono arrivati in città. O meglio nei boschi circostanti che vanno dalla diga di Ancipa fino al Parco dei Nebrodi, in provincia di Messina. Oltre 4.200 ettari di proprietà pubblica dove fino a qualche anno fa dettava legge la mafia dei pascoli realizzando affari stratosferici. Clan spietati che continuano a seminare il terrore tra gli agricoltori facendo vagare per i campi le loro «vacche sacre» per sancire che quella terra è cosa loro. Per comprendere quale sarà il compito dei miti asinelli bisogna fare un passo indietro. Alla stagione in cui la mafia era padrona assoluta di questi boschi.
La sostanza del business sta tutta in poche cifre: i clan prendevano i terreni in affitto pagando 12/20 euro ad ettaro e poi incassavano fino 350/400 euro ad ettaro di finanziamenti europei come misura di compensazione, essendo zone agricole considerate svantaggiate, senza produrre nulla. Un business estremamente redditizio messo in crisi nel 2013 con l’arrivo del nuovo sindaco di Troina Sebastiano Venezia che fece una cosa semplice, ma inconcepibile a queste latitudini. «Prima di rinnovare le assegnazioni dei terreni — racconta — chiesi alla prefettura i certificati antimafia per tutti gli assegnatari. Bene: su 15 affittuari, 14 avevano l’interdittiva antimafia. Pensi che alla sola famiglia Conti-Taguali, imparentati col clan Bontempo-Scavo di Tortorici, erano stati assegnati 1.300 ettari». Un’autentica svolta che segnò anche l’inizio della vita blindata per il sindaco di Troina che da allora vive sotto scorta. Nonostante minacce e intimidazione Sebastiano Venezia andò avanti riassegnando i terreni a piccoli agricoltori e allevatori con la fedina penale pulita.
Per la mafia dei pascoli fu un autentico schiaffo e non mollò la presa. In questi anni i clan hanno più volte tentato di riappropriarsi del loro lucroso business con carte bollate, ricorsi al Tar, ma soprattutto con gli avvertimenti. Per i boschi hanno così ripreso a scorrazzare le «vacche sacre» che, oltre a danneggiare vegetazione e raccolti, sono soprattutto un messaggio in codice di chi vuole rimarcare il controllo sul territorio. E così molti piccoli assegnatari dei terreni, sopraffatti dalla paura, hanno deciso di gettare la spugna. E qui entrano in campo i miti asinelli. Di fronte alle nuove minacce il sindaco ha deciso che quei terreni saranno gestiti direttamente da un’azienda pubblica che, a regime, darà lavoro a 60 giovani. Una delle prime attività sarà l’allevamento di razze autoctone in via di estinzione, come appunto l’asino siciliano e i cavalli della razza «sanfratellana». È stata lanciata anche una campagna di crowdfunding che ha già raccolto oltre 20 mila euro e altri aiuti sono arrivati dalla Regione.

by Alfio Sciacca per il corriere.it