Leonforte, Gabriella Gallo morta per emorragia post partum: Cassazione annulla per un difetto di forma condanna in primo e secondo grado del ginecologo

E’ finita. Il processo per omicidio colposo di Gabriella Gallo si è concluso a Roma con l’annullamento della sentenza senza rinvio per difetto di contestazione. La condanna in primo e secondo grado di giudizio del ginecologo Favazza è stata annullata per un difetto di forma. Questo significa che otto anni sono serviti a dimostrare la colpa, a ora, di tre medici intervenuti per rimediare all’azione cominciata dal ginecologo condannato nei due gradi di giudizio per “superficialità e imperizia” e in Cassazione ritenuto non giudicabile per un capo di imputazione diverso da quello attenzionato nei primi due gradi di giudizio. La Suprema Corte ha valutato un capo di imputazione riguardante il post partum e non quanto il post partum ha preceduto.
I tecnicismi non aiutano a comprendere quanto accaduto l’11 marzo del 2011. L’11 marzo del 2011 Gabriella Gallo è morta per emorragia post partum, causata da una placenta accreta non diagnosticata nonostante i tanti, tantissimi, segnali sopravvenuti nel corso della gravidanza e più e più volte raccontati e dettagliatamente spiegati in sede di dibattimento. Restano da valutare ancora le posizioni del ginecologo Vitale, chiamato dai colleghi per supportarli e del medico chirurgo Muratore, chiamato per un consulto di marginale valore. Il medico anestesista Gelsomino e i due sopra citati (Vitale e Muratore) rimangono attualmente condannati per un’azione d’equipe, che li ha coinvolti e non sono stati condannati invece gli altri tre medici: Favazza, Conoscenti e Politi (ginecologi e primario anestesista) nonostante parte attiva e principale dell’equipe e presenti fin dall’inizio delle operazioni di parto cesareo e successiva isterectomia.
Quanto macchinosa è la giustizia italiana che impiega otto anni per valutare, condannare e ammettere di aver valutato altro dall’oggetto in questione durante gli otto anni di udienze? Chi ha causato la morte di una giovane partoriente sana e preparata a vivere una nuova nascita? Otto anni di udienze, ripetute perizie a carico delle parti civili e tribolazioni e spese processuali incalcolabili e domande faziose e insinuazioni a danno dell’unica colpevole: la morta.
Otto anni azzerati da un DIFETTO DI FORMA. Questa è la giustizia italiana.