Leonforte, ancora sulla chiusura del corso Umberto Sindaco replica

Leonforte. Il corso Umberto è stato chiuso agli autoveicoli per favorire la prevenzione del contagio da Covid-19, ribadisce il sindaco Barbera, in risposta alle tante domande e alle molte critiche sulla procrastinata apertura nonostante l’avvio della fase 2, che ha visto una vivace ripresa della viabilità veicolare, penalizzando e le strade parallele, trasformate in garage e in unica possibilità di transito automobilistico e le attività commerciali, site sul corso. La mancanza di posteggi regolamentati ha reso impraticabili molte strade come la via F. Crispi e la via Roma, occupate da macchine in sosta sui marciapiedi e davanti gli usci delle abitazioni, unica soluzione per poter raggiungere le farmacie e le attività sul corso. La penalizzazione delle attività commerciali adiacenti piazza Margherita, liberata dai posteggi selvaggi a opera dell’amministrazione precedente l’attuale, indusse Fratelli d’Italia – partito dell’attuale sindaco – ha depositare le firme raccolte, con un banchetto ai piedi della scalinata Musumeci, in Prefettura perché si ascoltasse la voce dei lavoratori ingiustificatamente ostacolati dalla limitazione al traffico e al posteggio. Oggi quelle lagnanze riguardano le molte attività distribuite lungo tutto il corso Umberto e certo sarebbe bellissimo avere un corso accessibile ai soli pedoni, addobbato di fioriere e panchine, ma sarebbe assai meglio se questa facile soluzione non danneggiasse i residenti nelle vie parallele e non arrecasse nocumento alle attività che sul corso si affacciano. Ripristinare le strisce blu, potenziando il corpo dei vigili urbani, permettere al bus urbano di transitare sul corso o rivedere la viabilità paesana in toto, prima di chiudere a oltranza in nome del bello che nella quotidianità deve essere anche utile ai più, è necessario. Le facili soluzioni si lascino ai cittadini, la perfezione è di chi concilia l’utile al dilettevole e un buon amministratore deve ambire alla perfezione altrimenti scade nella demagogia.

Gabriella Grasso