Rotondo: l’Oasi Maria SS non è il focolaio a Troina della seconda ondata della pandemia

Da dove trae origine il focolaio a Troina nella seconda ondata della pandemia da coronavirus? Nella prima ondata del marzo di quest’anno il focolaio si è accesso all’Oasi Maria SS contagiando 170 persone tra pazienti ricoverati e personale sanitario ed amministrativo. Con l’istituzione della zona rossa per un mese, attorno alle strutture dell’Oasi si strinse un cordone sanitario, che mise al riparo gli abitanti del paese dal quale non si poteva né entrare né uscire. Nella seconda ondata, quella di questi giorni, i numeri dei contagiati da covid 19, fino ad ora, sono inferiori a quelli della prima ondata, ma non per questo meno preoccupanti. Il sindaco Venezia, nella sua pagina facebook, scrive che a Troina si registrano 48 casi positivi tra i cittadini, che sono in tutto 8950, e 27 tra i 252 pazienti dell’Oasi. Nella nota diffusa dell’Oasi il dato dei 27 pazienti contagiati è confermato. L’Oasi precisa inoltre che, ai 27 pazienti contagiati, ci sono da aggiungere 3 operatori sanitari ammalati e 2 manutentori. Al momento, dunque, se ne contano 80 di casi positivi a Troina e, a differenza della prima ondata, se ne contano poco meno del doppio tra gli abitanti del paese rispetto a quanti ce ne sono tra i pazienti dell’Oasi. Se questi sono i dati, il presidente dell’Oasi Maria SS, don Silvio Rotondo, dichiara di aver provato “stupore e disappunto leggendo su la Repubblica di Palermo che, mentre a marzo il paese è rimasto intoccato, adesso il virus è uscito dalla struttura ed ha colpito 18 residenti”. Rotondo si chiede se, con queste affermazioni, non si voglia “fare ricadere sulla dirigenza e sui professionisti dell’Oasi la responsabilità dell’accaduto, ignorando come la risposta data dalle suddette persone sia stata eccellente nella prima ondata”. E’ una domanda retorica di cui è facile intuire la risposta. Nei momenti difficili, la teoria del complotto non è una teoria che possa a essere sottoposta al vaglio logico-sperimentale, ma può essere comunque utile a mantenere coesa una comunità che si sente aggredita. Evocando il motto “sempre ad uno, no!”, che si usava quando vestiva i calzoni corti tanti anni fa nei giochi da ragazzi degli anni ’60, non sempre innocenti, dove c’era sempre qualcuno che non si divertiva tanto, Rotondo dice di sentirsi di ripeterlo “anche ora in presenza di distorsioni di qualsiasi genere, interne o esterne all’Oasi”. Quali siano le distorsioni esterne alle quali Rotondo fa riferimento, lo si capisce. Ma ci si chiede quali possano essere quelle interne. Rotondo respinge l’accusa che l’Oasi è il focolaio della seconda ondata della pandemia: “E’ un’accusa destituita di ogni fondamento, ed è uno schiaffo ai tanti operatori dell’Oasi, ai loro ospiti, alle loro famiglie e soprattutto sporca la memoria di chi ha perso la vita tra i nostri assistiti morti in varie ospedali per questa pandemia”. Quando le cose si mettono male, e per Troina tutto lascia pensare che questo potrebbe accadere con altro grado di probabilità, bisogna evitare di cadere nell’errore della ricerca del responsabile che crea tensioni mentre c’è bisogno di coesione per tentare di riportarle nel verso giusto. Ha ragione Rotondo quando ricorda quanto è stato fatto dai dipendenti dell’Oasi per uscire dalla prima ondata e per adeguare ambienti e organizzazione del lavoro alla normativa anticovid. E’ difficile dargli torto quando fa notare che Troina non è un mondo a sé, isolato dal territorio circostante dove ci sono ben quattro comuni (Bronte, Cesarò, San Teodoro e Centuripe) dichiarati zone rosse per il preoccupante andamento della curva dei contagi. Ma questo non basta. E’ necessaria anche una seria e franca riflessione, libera da preconcetti, su quello che è accaduto per capire dove stanno le criticità e porvi rimedio. Ed è una riflessione che non riguarda solo l’Oasi perché coinvolge tutti, interni es esterni all’Oasi. Prima si capisce, meglio è.

Silvano Privitera