Gli “Altarini” di San Giuseppe a Leonforte

“Nella giornata del 18 marzo, tradizione vuole che vengano aperti al pubblico gli altari di San Giuseppe realizzati dai devoti”. Così inizia un post del sindaco di Leonforte, che invita i suoi cittadini a postare le foto degli altarini realizzati per onorare il Compatrono San Giuseppe.

“Chiunque abbia realizzato un altarino a San Giuseppe pubblichi una foto con scritto #sangiuseppeleonforte o menzioni questa pagina nei commenti alla stessa foto. Tutte le foto saranno raccolte per realizzare un unico grande altare che Leonforte dedica a San Giuseppe”. Lodevole iniziativa, che attenuerà in parte l’avvilimento derivato dalle restrizioni causate dal secondo anno di pandemia. Su Facebook molti altarini sono stati postati e ognuno porta una preghiera, una promessa o un ringraziamento. L’ “Artara” mancano moltissimo ai leonfortesi, mancano i “pupidda”, le “cuddure” ei “raziuneddi”. Manca la convivialità del “traficu” e della mangiata per la “vanedde”. Mancano gli odori e le voci della gente accorsa a aitare e le cantante notturne di chi “firria” fino all’alba. Le radici della festa a Leonforte affondano nei primi del 1600, quando i padri Cappuccini fondarono la chiesa dedicata al Patriarca San Giuseppe introducendo il tradizione del culto de l’”Artaru”. Quest’anno padre Filippo Rubulotta, per la prima volta nella storia e a motivo delle restrizioni imposte dal Covid-19, ha celebrato la novena in onore del patriarca nella chiesa dei Cappuccini, scrigno di bellezze artistiche e di spiritualità popolare. L’Altare di san Giuseppe nasce dal desiderio di consolare gli afflitti- rappresenta infatti “u cunsulu” ossia la veglia durante la notte della morte del Padre della Provvidenza- e condividere il pane, elemento rappresentativo della Grazia di Dio. Il pane che nelle “Cuddure” si fa racconto agiografico e nei “pupiddi” cibo di conforto perché benedetto dalla volontà di chi l’ha realizzato e dal prete chiamato a consacrarlo nella mattina del 18 marzo. Il 19 si concluderà il rito con il banchetto dei Santi che rievoca l’ultima cena e il “viaggio” spesso a piedi nudi. All’imbrunire comincia la processione del simulacro di san Giuseppe, accompagnato dalla banda musicale e dai tanti devoti. Per le vie del paese si può sentire anche il “Canto do lamentu” che ricorda il periodo di quaresima e l’approssimarsi della Settimana Santa. Torneremo a girare gli altari, a partecipare alle processioni e a gioire dei riti che fanno di un paese una comunità. Quest’anno limitiamoci a fare e postare gli altarini per vivere comunque un momento di intensa devozione.

Gabriella Grasso