Caso Rugolo, sospeso dal ministero sacerdotale. Legali Vescovo Diocesi Piazza Armerina Mons. Rosario Gisana chiariscono il ruolo e la condotta

Il ruolo e la condotta del Vescovo della Diocesi di Piazza Armerina Mons. Rosario Gisana nella vicenda di don Giuseppe Rugolo necessita, arrestato il 27 aprile scorso a Ferrara (città dove era stato trasferito), dopo l’inchiesta della Procura di Enna, con l’accusa di violenza sessuale aggravata a danni di minori, rispetto ad alcune distorte ricostruzioni giornalistiche, di una serie di precisazioni che riguardano in particolare i tempi dell’avvio dell’Investigatio Praevia e le relazioni tenute in quella fase da Mons. Gisana con la famiglia della presunta vittima da un lato e dall’altro con il sacerdote”.

A diramare la nota i legali di Mons.Gisana gli avvocati Gabriele Cantaro e Maria Teresa Montalbano
.

Il primo aspetto riguarda i tempi. Sin dalla prima richiesta di colloquio da parte della famiglia, fatta pervenire al Vescovo da un sacerdote della Diocesi nell’agosto 2016, Mons. Gisana si è immediatamente dichiarato disponibile ad ogni forma di ascolto e valutazione. Fu la famiglia, probabilmente a causa delle proprie legittime, comprensibili titubanze e del proprio desiderio di riservatezza, ad attendere un anno prima di andare a colloquio dal Vescovo, nel 2017. Appresi i termini della vicenda, Mons. Gisana chiese di parlare direttamente col ragazzo, ormai maggiorenne, cosa che per le stesse ragioni avvenne ancora un anno dopo, nell’ottobre 2018.
A quel punto Mons. Gisana spinse il giovane a formalizzare una dichiarazione scritta, che arrivò il 24 dicembre 2018 e che diede modo a Mons. Gisana di dare subito avvio all’
Investigatio Praevia, che iniziò a gennaio 2019 e il cui esito fu poi trasmesso a giugno 2019.

Le testimonianze acquisite in quel contesto risultarono vaghe e prive di riscontro, tanto da non portare alla configurabilità di quelli che, secondo il diritto canonico, sono definiti come delicata graviora. In ogni caso la Congregazione della dottrina della fede non aveva la competenza per adottare provvedimenti, perché i fatti si riferivano ai tempi in cui don Rugolo era ancora seminarista (e a quel tempo, peraltro, nemmeno Mons. Gisana era ancora stato nominato Vescovo di questa Diocesi).

La Congregazione demandò comunque una attenta valutazione al “prudente giudizio” di Mons. Gisana e a questo proposito va precisato che le informazioni a quel tempo in suo possesso, frutto dei riscontri dell’Invaestigatio, erano molto diversi da quelli che stanno emergendo adesso, ulteriormente arricchiti da altri gravi indizi che la Procura ha acquisito grazie ai suoi poteri di polizia giudiziaria, poteri che certo non avevano né il Vescovo né i giudici della Congregazione.

Ciò nonostante, le poche risultanze di quella indagine spinsero Mons. Gisana ad allontanare don Rugolo da Enna per almeno due anni, imponendogli una revisione critica della sua scelta sacerdotale e della sua vocazione.

Fu il Vescovo stesso a occuparsi della sua destinazione, inviandolo al seminario di Ferrara, dove al tempo non c’erano seminaristi né gruppi giovanili e dove c’era anzi un sacerdote psicologo impegnato nella tutela dei minori con cui don Rugolo iniziò il suo percorso di psicoterapia.

Don Rugolo lasciò Enna nell’ottobre 2019 e qui è necessaria la seconda precisazione rispetto alla confusione determinata da alcune disinformate ricostruzioni giornalistiche. Si è detto erroneamente che Mons. Gisana scelse di non sostituire don Rugolo con un altro parroco a San Cataldo ma la verità è che don Rugolo lì non era mai nemmeno diventato parroco: la nomina era avvenuta prima che Mons.Gisana incontrasse il ragazzo e ascoltasse la sua denuncia e, una volta acquisita, sospese categoricamente l’insediamento di don Rugolo in parrocchia, in attesa di fare chiarezza. Quando don Rugolo partì per Ferrara Mons. Gisana nominò subito un amministratore parrocchiale: una nomina che non aveva nulla di provvisorio ma che non poteva essere quella definitiva di un parroco solo perché la figura scelta era quella di un giovane sacerdote che era stato ordinato da appena tre mesi e che non poteva quindi essere nominato subito parroco.

Inoltre fu detto che l’allontanamento di don Rugolo era determinato da ragioni di salute – cosa assolutamente vera perché in quella fase, proprio a causa della decisione sul suo mancato insediamento, don Rugolo si sentì molto male e andò incontro a un ricovero – in modo che fosse serenamente comprensibile ai fedeli la sua assenza, tenendo conto della prioritaria necessità di assicurare la riservatezza della vicenda, come espressamente chiesto dalla famiglia a tutela del giovane.

È bene chiarire che Mons. Gisana si recò tre volte a Ferrara per verificare che il percorso di don Rugolo proseguisse come stabilito, ma è bene anche ribadire che allora non c’erano i termini per sospenderlo del tutto dal ministero sacerdotale: se lo avesse fatto, Mons. Gisana avrebbe compiuto un abuso. Ed è solo questa la ragione per cui don Rugolo ha potuto celebrare in privato a Enna, per esempio in occasione di un matrimonio di amici, in una delle poche occasioni in cui è rientrato per visitare la famiglia e di cui comunque il Vescovo è venuto a conoscenza per lo più solo successivamente.

A questo proposito va infine precisato che, quando a gennaio è stata resa nota l’inchiesta giudiziaria e sono state chiare le nuove evidenze emerse dalle indagini, Mons. Gisana – oltre a fornire in qualità di testimone alla Procura della Repubblica tutte le informazioni e tutti i documenti in suo possesso – ha immediatamente firmato il decreto di allontanamento sine die di don Rugolo dalla Diocesi e la sua sospensione dal ministero sacerdotale, ragione per la quale non potrà svolgere alcun tipo di attività pastorale pubblica.

A evidenziare ulteriormente l’assoluto desiderio di trasparenza e il meticoloso rispetto delle regole che ha caratterizzato l’operato di Mons. Gisana, è la vicenda legata al contributo in denaro chiesto dalla famiglia della giovane presunta vittima alla Diocesi, forse l’aspetto più dibattuto e travisato nelle ricostruzioni giornalistiche.

I termini della questione sono complessi ma facilmente spiegabili. In uno dei molti incontri avuti da Mons. Gisana con la famiglia, i genitori del ragazzo chiesero se la Diocesi poteva in qualche modo contribuire all’oneroso percorso terapeutico del giovane. Per quella sola ragione, legata al benessere del ragazzo, Mons. Gisana si disse disponibile ad assicurare un aiuto. Da quel momento però entrò in gioco quello che allora era l’avvocato della famiglia, che a quella iniziale richiesta sovrappose una causale diversa, asserendo che la cifra doveva essere corrisposta a titolo risarcitorio, giungendo a quantificare la misura di quell’eventuale risarcimento e aggiungendo delle modalità di corresponsione che non avrebbero consentito la tracciabilità del pagamento.

Entrambe queste condizioni risultarono inaccettabili per il Vescovo.

La ricostruzione completa e documentata della vicenda dimostra che Mons. Gisana ha operato sempre in modo chiaro e per il bene delle persone coinvolte, prima rispettando l’espressa richiesta di massima riservatezza della famiglia per la tutela del giovane e poi, una volta avviata l’indagine della magistratura ordinaria, consegnando immediatamente tutti i documenti alla Procura della Repubblica di Enna, nel cui operato il Vescovo continua a confidare, esprimendo la propria massima fiducia nei percorsi della giustizia”.