Il caro acqua e la provincia “babba” (Enna)

Il caro acqua e la provincia “babba” (Enna)

di Massimo Greco

Quale sia in Sicilia la provincia “babba” è una domanda che periodicamente irrompe nel dibattito pubblico. Si narra che quando i catanesi decisero di darsi il titolo di “sperti”, dovendo trovare un contraltare necessario a legittimarli, convennero di affibbiare ai siracusani il nomignolo di “babbi”. Ora, se la provincia di Enna, a dire del Verga dei Malavoglia, non sembra annoverata tra le “babbe”, certamente non si può dire che sia “sperta”.

 

La vicenda della gestione dell’acqua ne è la prova provata. Mentre gli ATO idrici di Agrigento e Caltanissetta hanno ricevuto dalla Regione un mirato finanziamento per coprire i costi aggiuntivi delle rispettive gestioni a titolo di “partite pregresse”, il generoso ATO idrico per la provincia di Enna ha deciso di “spalmare” tali costi (22.684.390,61 euro) a tutta l’utenza, caricandoli per 10 lunghi anni sulla tariffa.

 

Ma non finisce qui. Nei giorni scorsi il governo regionale ha annunciato lo stanziamento di un prestito-ponte da 10 milioni di euro, da veicolare attraverso un apposito disegno di legge, al fine di consentire ai Comuni dell’ATI di Agrigento di approntare i primi costi per una prossima futura gestione in house del servizio idrico.

 

Bene, in disparte la dubbia fattibilità di un siffatto affidamento in house ad una società a partecipazione pubblica creata ad hoc nei giorni scorsi (come affermato lo scorso mese di giugno dall’Autorità per la Concorrenza e il Mercato per il servizio idrico di Catania) una siffatta attenzione politica per il servizio idrico della provincia di Agrigento, peraltro a poco meno di un mese dallo scandalo di “Girgenti acque”, dimostra, di contro, la cronica debolezza del potere contrattuale della nostra classe politica.

 

Non sappiamo se in provincia di Siracusa siano “babbi” ma per certo sappiamo che in provincia di Enna si registra un impegno non comune in questa direzione.