Vivisezione di un giornalista

In un mondo ormai tutto votato all’apparire e al guadagno, la notizia è diventata come un maiale: non si butta via niente! E purché si scriva qualcosa per poter avere delle visite bisogna scrivere. Perché ormai la parola “rispetto” è tramontata e i lettori sono solo visite che fanno aumentare i profitti, che cosa importa di dare loro un servizio di qualità? Ormai lo sappiam bene, questa è l’era della mediocrità, dell’approssimazione, del copiare, della raccomandazione, del servilismo, un nuovo feudalesimo non più dei corpi ma delle menti. Il mantra è essere pronti a vendere la propria dignità, la propria altezza intellettuale (comunque misera se si scende a questo baratto) per qualche spicciolo, moneta sonante che non ha alcun valore se non convenzionale e una convenzione (cioè il nulla) riesce a rinchiudere in gabbie le persone: a questi va la nostra pietà. E succede, spesso purtroppo, di leggere qua e là degli incredibili sfondoni, dei paradossi logici, perché la logica (tranne quella del profitto) è roba vecchia… ormai c’è internet. E se per un punto Martin perse la cappa per un “non” in più o in meno si può creare il panico, come ad esempio nell’indicare nelle terapie intensive (rimaniamo in tema covid) che la maggioranza di posti occupati è di non vaccinati… se cade il “non” (ed è successo) immaginate come i no vax andrebbero all’arrembaggio! Oppure, nella foga di copiare e di bersi i comunicati stampa trasformando un giornale in una stamperia (con tutto il rispetto per la stamperia) e quindi trovare a distanza di pochi giorni una notizia e il suo contrario, l’essere risparmiatori e l’essere scialacquatori, l’essere e il non essere: questo è il problema! Ed è un problema serio perché la cultura della mediocrità che assurge a modello fa abbassare il livello generale di tutti. Non è la quantità ad essere un indirizzo di qualità… ma vabbè, in un’ottica di consumo, anche il cervello è stato buttato.
Alain Calò