Sicilia. Sulle “aree interne” due passi avanti (e uno indietro?)

Sicilia. Sulle “aree interne” due passi avanti (e uno indietro?)
di Massimo Greco

Sulle questione delle “aree interne”, ancorchè tardivamente, si registrano passi in avanti degni di sottolineatura alla luce di quanto verificatosi nei giorni scorsi in occasione del raduno organizzato dal Forum Enna 2030. Il fatto che 13 Sindaci su 20 abbiano aderito al manifesto del Forum è la dimostrazione più evidente di una maturata consapevolezza del dramma che i nostri territori stanno vivendo. Il merito di ciò va riconosciuto certamente ai promotori del Forum che con determinazione e capacità persuasiva sono riusciti a radunare tutti gli attori locali del mancato sviluppo delle aree interne e centrali della Sicilia. Ulteriore dimostrazione è arrivata dalla proposta di alcuni Sindaci del nord e del Sindaco di Enna di estendere il dialogo, rispettivamente, ai Comuni messinesi nebroidei e al Comune di Caltanissetta.

Meglio tardi che mai, e non solo perché i fondi stanziati in Sicilia dal PNRR richiedono aggregazioni credibili di territori, ma perchè la questione delle “aree interne” ha una portata ben più complessa e duratura di quella sottesa all’esigenza di prendere l’ultimo treno di finanziamenti pubblici. Abbiamo già detto in altra occasione che la sfida si potrà vincere solo con mentalità e strumenti innovativi tali da riuscire a concepire una nuova idea di territorio e di identità. Da qui l’urgenza di concepire modelli istituzionali capaci di porre rimedio ai problemi strutturali di efficienza – e in particolare a quello della mancanza di economie di scala – dei piccoli Comuni in vista del raggiungimento di fini unitari nello spazio territoriale reputato ottimale.

In tale contesto, il tentativo di coinvolgere anche il territorio agrigentino appare fuorviante perché in palese contrasto con il comune e triste denominatore della “aree interne e centrali” della Sicilia. Non serve affatto alla causa della “aree interne” aggiungere Comuni per dare più forza al progetto, perché il progetto è tale se si fonda su parametri qualitativi e non certo quantitativi. Non possiamo permetterci la marcia del gambero.

L’altro problema che dovrà essere con urgenza affrontato, riguarda il vestito istituzionale da fare indossare a questa nuova aggregazione, anche al fine di presentarsi al cospetto degli interlocutori istituzionali di livello superiore con voce unitaria. E per questo, va assolutamente bypassata l’attuale normativa regionale che ha, di fatto, reso inoperante i liberi consorzi comunali, rilevato che un ulteriore sintomo delle criticità di tale normativa risulta dall’estenuante numero dei rinvii dei termini originariamente previsti per l’elezione degli organi di governo, che, coprendo un arco temporale di quasi un decennio, dimostra l’esistenza di situazioni istituzionali oggettivamente insostenibili.

Il futuro ente di area vasta al centro della Sicilia dovrà nascere dal basso, su basi veramente volontarie e libero da inutili cavilli burocratici.