Sul non avvenire delle nostre scuole

La notizia che circola in questi giorni vede un gruppo ben nutrito di Studenti maturandi chiedere al ministro Bianchi di poter eliminare gli scritti all’esame di maturità riducendo il tutto ad una sola chiacchierata orale. Mai prova fu più lampante: la scuola italiana ha fallito. E se a questa scuola è rimasto un briciolo di dignità, sarebbe il caso di prendere i nominativi di tutti coloro che hanno sottoscritto questa proposta e bocciarli di ufficio. La scuola, prima ancora di essere un tempio del sapere, è una palestra di vita e una cartina tornasole della nostra società. Quale palestra è stata la scuola per i nostri ragazzi che cercano il percorso facile, rifiutano di tenere in mano una penna, articolare un pensiero compiuto (scrivere è ben diverso dal parlare), saper comprendere un testo? Che ragazzi saranno immessi nella società? Quelli che al posto di sgobbare sui libri per farsi un avvenire preferiranno cercare la raccomandazione del potentino di turno, ragazzi senza spina dorsale che si svenderanno al primo “latifondista dei corpi e delle menti”, utili idioti la cui unica ambizione sarà quella di ottenere l’elemosina di Stato (e guai a chiamarli mantenuti, risponderanno che è tutta invidia). Facilitare un percorso scolastico è un qualcosa che fa gola a chi ben sa che la cultura e il libero pensiero sono due armi tremende: perché pensare con la propria testa, saper articolare e argomentare un concetto, farsi un’idea magari lontana da ciò che passa il convento è il più grande atto di lesa maestà al potere consolidato che lo mostra, in un moderno “re nudo”, in tutta la sua insulsa stupidità. Da diversi anni la scuola ha preso una strada verso la barzelletta con programmi sempre più striminziti, docenti poco motivati e il cui tempo è rubato a burocratismi vari e alla ricerca del pezzo di carta che fornisca il punto in più in graduatoria, verifiche che paiono più quiz a premi e tutto il percorso formativo votato non al sapere quale mezzo di elevazione dell’Uomo, ma alla produzione di forza lavoro, magari sottopagata (perché la scuola dovrebbe insegnare anche a ribellarsi ma ormai insegna solo ad accontentarsi), da regalare con tanto di fiocco al capitalismo sfrenato. La scuola non coltiva più gli animi ma solo i corpi (gli animi meglio tenerli dormienti). E poi non stupiamoci se i nostri ragazzi si suicidano oppure entrano in spirali che rasentano il suicidio: li abbiamo cresciuti illudendoli che il mondo è semplice, gli abbiamo tolto anche la difficoltà di imbracciare una penna. Il mondo non è semplice: è tremendamente difficile, articolato e complesso. E fare un tema di italiano è qualcosa di difficile, articolato e complesso perché bisogna conoscere in maniera soddisfacente un determinato argomento (sui libri e non attraverso l’Università della vita), bisogna organizzare un pensiero, bisogna rispettare delle ferree regole grammaticali, bisogna anche avere il “gusto” di scrivere qualcosa di interessante e corretto. Troppe cose da fare per questi nostri poveri ragazzi! Molto meglio un orale e magari, prossima richiesta, svolto in un bar con quattro bottiglie di birra.
Alain Calò