E se nessuno andasse a votare il 25 settembre?

Superata la fase del voto di protesta elettoralmente catalizzato in partiti e movimenti che hanno preferito parlare alla pancia degli italiani, l’astensionismo rischia di essere la vera novità della prossima competizione elettorale. Diffuso è tra i cittadini e le imprese il sentimento di coloro che non andranno a votare perché non si identificano più in nessuna delle attuali proposte politiche.

Se così sarà, si porrà un serio problema non solo per il deficit di rappresentatività di coloro che comunque saranno eletti in Parlamento ma anche per la tenuta del principio di fedeltà alla Repubblica previsto dall’art. 54 della Costituzione, a tenore del quale tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi. Pur essendo la “fedeltà alla Repubblica” un principio astratto, non vi è dubbio che la collaborazione dei cittadini al corretto funzionamento delle Istituzioni democratiche è molto più che auspicata. Basti pensare a cosa accadrebbe se tutti i cittadini decidessero di non andare più a votare impedendone la formazione. Alla rottura del patto sociale tra Stato e consociati seguirebbe un commissariamento autoritario che ci riporterebbe al medio evo. Giusto, anzi giustissimo, e tuttavia al rispetto del citato principio di fedeltà alla Repubblica non sono chiamati solo i cittadini ma, in forza del 2° comma del citato art. 54, anche quei cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche, ai quali viene altresì richiesto di adempierle con “disciplina” e “onore”. Siamo in presenza, quindi, di una sorta di baratto tra cittadini e rappresentanza politica. I cittadini saranno fedeli alla Repubblica se e nella misura in cui lo saranno anche coloro che hanno l’ambizione di governare le Istituzioni democratiche. Applicando al nostro caso tale correlazione, è evidente che l’astensionismo non è un capriccio dei cittadini ma la fisiologica risposta ad un cronico esercizio “indisciplinato” delle funzioni pubbliche fin qui esercitate dalla “politica” con manifesto “disonore”.
Massimo Greco