Si è ripetuta ieri “Abbiata de nucciddi” alla festa di San Silvestro, monaco basiliano e patrono di Troina

Troina. Dei festeggiamenti del 2 gennaio in onore di san Silvestro, monaco basiliano e patrono di Troina, “abbiata de nuciddi” (il lancio delle noccioline), è l’evento più caratteristico.

A mezzogiorno, dopo la messa solenne celebrata dal vescovo delle Diocesi di Nicosia, S.E. Giuseppe Schillaci, nella chiesa di San Silvestro, dal balcone della sede dell’omonima confraternita, proprio a fianco la chiesa, si è rinnovato il rito dell’abbiata de nuciddi. Quest’anno, anche il vescovo Schillaci c’era sul balcone a lanciare le noccioline sulla folla di fedeli nel piazzale antistante la chiesa assieme al parroco dell’Unità parrocchiale Maria SS del Carmelo-San Matteo, don Giuseppe Maenza, al procuratore Silvestro Attardi e al governatore Carmelo Siciliano della Confraternita di San Silvestro E’ un rito che si ripete puntualmente ogni anno, il 2 gennaio, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Sul significato di questa tradizionale “abbiata de nuciddi” si possono fare diverse congetture. E’ plausibile pensare che originariamente fosse un modo come un altro con il quale le classi agiate, in occasione della festa del patrono del paese, intendevano fare beneficenza ai poveri per sciogliere un voto contratto con san Silvestro per una grazia ricevuta. E’ difficile pensare che il contadino povero e il bracciante avessero i soldi necessari per comprare le noccioline da lanciare sulla folla che si assiepava davanti la chiesa nella speranza di raccoglierne quante più ne poteva.




Il contadino povero e il bracciante avevano un altro modo per sciogliere il voto: il pellegrinaggio sui Nebrodi, nella penultima settimana di maggio, a raccogliere allora da portare sulla tomba di san Silvestro. Nel canto dei Ramara, che sono i devoti che vanno in pellegrinaggio nella penultima settimana di maggio, c’è un verso, che è un’invocazione alla Madonna e a sant’Agata, che fa capire chi fossero a dare ai monaci basiliani le noccioline da lanciare sulla folla di devoti che si accalcava davanti la chiesa. Sono questi i brani del canto dei Ramara: “Madonna quantu è javutu stu suli, sant’Aita facitulu cuddari. Avi di l’abba chi sugnu a buccuni, li rini si li manciuni li cani. Nun l’ata a fare no ppi lu patrunu, ma ppi lu poviru junnataru” (Madonna quanto è alto questo sole, sant’Agata fatelo tramontare.

E’ dall’alba che sono a carponi, le reni se le mangiano i cani. Non dovete farlo per il padrone, ma per il povero bracciante). C’è da chiedersi perché proprio le noccioline, e non altri frutti come mandorle ad esempio, vengono lanciate sulla folla? Presso gli antichi romani, era diffusa l’usanza di offrire nocciole durante le cerimonie matrimoniali per augurare fecondità. Questo simbolismo gli antichi romani l’avevano appreso dai celti che per gli alberi aveva una vera e propria venerazione. Per i celti, l’albero del nocciolo era il simbolo di fertilità.
Silvano Privitera