Enna. Il “granaio d’Italia” bruciato dal fotovoltaico

Enna. Il “granaio d’Italia” bruciato dal fotovoltaico
di Massimo Greco

Da qualche anno, nel territorio della nostra Sicilia interna, notoriamente esteso e caratterizzato anche da meravigliosi paesaggi agrari si assiste ad un’incontrollata proliferazione di impianti fotovoltaici che, peraltro, non tengono minimamente conto delle esigenze dei suoli agricoli. Ora, in un contesto come quello attuale in cui l’Italia intende conseguire un obiettivo minimo del 30% come quota complessiva di energia da fonti rinnovabili sul consumo finale lordo, nessuno può mettere in discussione una siffatta necessità. Tuttavia ciò non può e non deve avvenire a danno di altri importanti interessi pubblici, alcuni dei quali dotati anche di copertura costituzionale come l’ambiente e il paesaggio. E’ per questo che il Governo ha delegato il Ministero della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, ad individuare – con appositi decreti ministeriali – principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili. La mancata adozione dei citati decreti ministeriali, che ne impedisce allo stato la piena e compiuta operatività, non impedisce ad una Regione a statuto speciale come la Sicilia di esercitare la propria competenza. Mentre lo specifico atto di individuazione di tali aree, quanto agli impianti fotovoltaici, non risulta essere ancora intervenuto, agli atti della Regione Sicilia risulta invece una Commissione, ferma con le quattro frecce dalla data di sua istituzione (8 aprile 2022), che dovrebbe provvedere agli adempimenti propedeutici.




Orbene, appare evidente che nel vuoto pianificatorio e programmatorio determinato da una Regione che, ad oggi, si è limitata alla nomina di una Commissione interna, è difficile, se non impossibile, anche per i Comuni – peraltro sprovvisti di potere regolamentare in materia – tentare di arginare l’installazione selvaggia di tali impianti. Nel frattempo Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. Tradotto, mentre si continua a discutere, sull’asse Roma-Palermo, il “granaio d’Italia” viene espugnato.